Se, come pare, si siederà sulla panchina della Roma, Luis Enrique porterà con sè anche Joaquin Valdes: come giudichi questa scelta?
“Luis Enrique è stato un eccellente giocatore e in questo momento è considerato da molti uno degli allenatori più promettenti e vincenti del panorama calcistico europeo. Evidentemente ha capito, dalla sua esperienza da calciatore prima e da allenatore oggi, che la mente condiziona le prestazioni sportive al di là della preparazione tecnico-tattica e di quella fisico-atletica. Ha colto l’importanza di allenare anche l’aspetto mentale-motivazionale dei singoli giocatori e dell’intera squadra per raggiungere il successo. Mi sembra logico che abbia deciso di affidarsi ad un professionista anzichè tentare, come fanno in molti, il fai da te”.
Da varie parti hanno scritto che Valdes è uno psicologo…
“Non conosco il suo percorso formativo, non so se è uno psicologo o no. La figura del mental coach è ancora poco diffusa nel nostro paese e immagino che ci sia un po’ di confusione. Quando si parla di un professionista che lavora sull’aspetto mentale è normale pensare a uno psicologo. In realtà esistono psicologi sportivi, mental coach e motivatori. Tre figure che agiscono nella sfera emozionale, ma con strategie operative differenti”.
In casa Roma nutrono però dei dubbi sull’utilità di questa figura, che ne pensi?
“Come tutte le cose che non si conoscono è normale avere qualche perplessità. Credo che l’efficacia possa essere dimostrata solo dai risulati che si ottengono nel tempo, a priori è presto per giudicarne l’utilità. Teniamo presente però che se il tecnico lo ha chiesto evidentemente ha le sue buone ragioni”.
In Italia questa figura si sta diffondendo ultimamente, com’è invece la situazione all’estero?
“In italia c’è ancora molto scetticismo, in moltissimi campionati esteri è una figura ormai consolidata esattamente come quella del preparatore atletico”.
Anche sotto questo aspetto, abbiamo quindi bisogno di adeguarci a tuo parere?
“Credo soprattutto che i calciatori più giovani vivano pressioni e aspettative molto forti. A volte queste pressioni, se non sai come affrontarle, pesano enormemente fino a schiacciarti. Occorre aiutare i giocatori ad approcciarsi serenamente alle sfide che incontrano, con la consapevolezza dei propri mezzi. Solo così i club potranno evitare di bruciare le giovani promesse o di trovarsi in rosa giocatori di prospettiva che non decolano mai. Credo che di esempi, anche in casa nostra, ce ne siano parecchi”.
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