Ho intervistato in esclusiva
Massimo Neri, preparatore
atletico dello staff tecnico di Fabio Capello. Con Neri, ex Roma,
Juventus, Real Madrid, Inghilterra e Sampdoria, abbiamo voluto non
solo approfondire gli aspetti legati strettamente all'esperienza con
la nazionale russa, ma anche allargare il discorso a tematiche di più
stretta attualità.
Misteri Neri, è da quasi un anno
che avete intrapreso questa nuova avventura. Come siete stati accolti
e che ambiente avete trovato?
«L'accoglienza
è stata quella che trovi in un paese straniero, curioso di
conoscere, di capire e di apprendere nuovi metodi e sistemi di
lavoro; da questo punto di vista l'ambiente sportivo ha accolto
favorevolmente Capello e quindi noi dello staff tecnico. La curiosità
era reciproca. Da parte nostra c'era la volontà di provare a entrare
nella mentalità e nella testa di giocatori e addetti ai lavori per
velocizzare l'apprendimento reciproco, che porta poi all'ottenimento
dei risultati. Devo dire che, man mano che approfondiamo la
conoscenza sia calcistica sia caratteriale di calciatori e addetti ai
lavori, le cose vanno sempre più migliorando».
Dall'Inghilterra alla Russia, come è
cambiato il vostro e il suo modo di lavorare?
«Quando ti trovi a lavorare con una
nazionale, non ci possono essere grandi cambiamenti. Si tratta di
gestire giocatori che vengono dai rispettivi club e che si allenano
quotidianamente con determinati staff. Il commissario tecnico sceglie
i calciatori più forti e più in forma, ma a volte compie anche
scelte sulla base del valore di un giocatore, anche se non è al
massimo della condizione in un determinato momento della stagione. Da
questo punto di vista noi dobbiamo sostanzialmente gestire giocatori
allenati da altri, si tratta di un lavoro più minuzioso ma non può
andare oltre un certo limite».
Ha inciso, nel suo modus operandi,
la grande differenza a livello climatico?
«Al momento no perché abbiamo
giocato le prime partite amichevoli ad agosto, poi le gare di
qualificazione a settembre e ad ottobre quando la stagione era ancora
accettabilissima. Poi abbiamo disputato una nuova amichevole a
novembre, ma il freddo intenso non era arrivato. Da quel momento il
campionato in Russia viene sospeso e le attività riprendono a metà
gennaio. L'amichevole successiva l'abbiamo giocata in Spagna a
febbraio con l'Islanda e l'ultima lo scorso 25 marzo a Londra con il
Brasile. A giugno andremo in Portogallo per un'altra partita valida
per le qualificazioni al Mondiale. Il tanto temuto inverno russo lo
abbiamo quindi evitato e non c'è stato alcun problema sotto questo
punto di vista, il clima non ha inciso sugli impegni della nazionale.
L'unico match rinviato per neve è stato quello in Irlanda del Nord,
un paradosso».
Passando all'attualità, le squadre
spagnole e tedesche stanno dominando il calcio europeo: crede che
siano superiori alle altre anche sotto il profilo della preparazione
atletica?
«Per rispondere a questa domanda ci
sarebbe da fare un discorso ampio e bisognerebbe scendere nei
particolari. Se si prende come esempio il Barcellona, di cui tutti
parlano e che rappresenta un esempio di calcio straordinario e
spettacolare, c'è da dire che ha una cultura e una scuola che fanno
sì che, a partire dalla cantera e dai primi calci al pallone per
arrivare fino alla prima squadra, i giocatori praticano lo stesso
tipo di gioco. Privilegiano l'aspetto tecnico senza trascurare
l'aspetto fisico, che però diventa secondario in una squadra di
grandi atleti, sia che provengano dalla cantera sia che arrivino da
altri club. Lo stesso Bayern Monaco ha un filosofia del lavoro che lo
contraddistingue e, nell'arco degli anni, è riuscito a vincere tanto
in Europa. Le squadre spagnole e tedesche stanno dominando il calcio
europeo perché fanno della grande qualità tecnica, della scelta dei
giocatori, della programmazione e della tipologia di lavoro il loro
marchio di fabbrica».
E l'Italia?
«Più in generale, rispetto al
calcio italiano, c'è un gap non indifferente, ma ritengo che sia
prevalentemente un gap dal punto di vista tecnico. Continuo a
sostenere che il calcio è uno sport di abilità mentre l'aspetto
fisico e quello atletico vengono dopo, questa è la mia idea. Quando
si gioca alla pari dal punto di vista fisico, prevale sempre
l'aspetto tecnico. Parlando in maniera specifica, le squadre
straniere hanno un altro ritmo rispetto alle nostre».
Intanto la stagione sta per volgere
al termine. Cosa si può fare per recuperare le ultime energie e dare
il massimo da qui alla fine?
«In questo momento recuperare energie
diventa molto difficile perché non c'è più tempo. Nel momento in
cui le energie scarseggiano, è preferibile gestire lo stress dal
punto di vista mentale e cercare di lavorare sotto questo aspetto. Si
potrebbe provare ad aumentare la capacità di reazione e di sprint
senza fare grossi lavori aerobici, dato che produrrebbero effetti
soltanto a fine campionato».
Esiste un segreto per dare il meglio
in quest'ultimo mese?
«Non esiste un segreto, in
quest'ultima parte della stagione subentrano le motivazioni e la
disponibilità dei giocatori a sacrificarsi così come la capacità
di un allenatore a mantenere saldo e unito il gruppo. Chi ha creato
buoni presupposti per arrivare fino alla fine ci arriva meglio degli
altri, la base pre-campionato è fondamentale; se uno ha lavorato
male e cerca di recuperare adesso mancano le fondamenta. Questo
potrebbe essere un piccolo segreto, ma più che un segreto dovrebbe
essere un presupposto fondamentale».