Quale appassionato di calcio, da piccolo,
non ha sognato almeno una volta di diventare un calciatore?
Fantasticare è bello, ma i sogni non sempre si realizzano. Forse, se il
desiderio è quello di entrare a far parte del mondo del calcio, è più
facile intraprendere la strada da procuratore. Ne è la dimostrazione Federico Spada.
Il ventunenne bolognese è riuscito a diventare agente FIFA lo scorso
anno, all'età di diciannove anni, diventando il più giovane agente di
tutta Europa. Presto partirà alla volta di Bogotà, capitale della
Colombia, da dove inizierà la sua carriera. Lo ho incontrato per un'intervista esclusiva.
Federico, come è nata l'idea di provare a diventare agente FIFA?
“Fin
da piccolo ho avuto il sogno di lavorare nel mondo del calcio, ho
sempre voluto fare quello. Mi sentivo pronto a seguire il corso pre
esame e, anche se ero scettico circa l'esame stesso, la mia strada era
segnata. Così ho preso parte a questo corso a Milano insieme ad altre
ventinove persone, tra cui molti avvocati; in mezzo a loro mi sentivo un
bambino. Inizialmente non volevo dare l’esame, poi un intervento del
docente del corso Ivan Gabrielli - che mi ha soprannominato lo Special
One - ha cambiato le cose. Mi sono iscritto e successivamente sono
partito alla volta di Roma”.
Qual è stata la tua reazione quando hai scoperto di aver passato l'esame?
“Lacrime
e gioia infinita quando ho scoperto di essere riuscito a raggiungere il
mio obiettivo. Però non potevo stare con le mani in mano, è inutile
essere agente FIFA se poi sei fermo. Da lì sono entrato in contatto con
l'agente Massimo Pavanello, che mi ha aiutato ad allacciare contatti con
società geograficamente vicine a me come Bologna, Modena e Sassuolo. Io
comunque non guardo in faccia a nessuno, in questo mondo bisogna tirare
fuori gli attributi e provarci. Uno come me, che a diciannove anni è
riuscito in questo, è l'esempio che quello del calcio non è un mondo
chiuso. Con spirito di sacrificio, ce la si può fare”.
Cosa si prova ad essere l'agente più giovane di tutta Europa?
“E'
una grossa responsabilità, tutti i procuratori mi trattano un po' come
un 'figlio'. Sono diventato agente dieci anni prima degli altri ma,
Special One o non Special One, mi devo fare le ossa e me le farò.
Ovviamente fa piacere finire sui giornali e andare in televisione, però
alla fine sono i fatti a contare. Sono contento di essere riuscito a
realizzare il mio sogno, ma so che la strada è ancora molto lunga”.
Come mai hai deciso di fare l'agente e non magari il calciatore?
“Il
primo sogno di tutti è quello di fare il calciatore, è sempre il primo
pensiero. Io sono nato e cresciuto ammirando Ronaldo, giocavo da punta
ispirandomi a Vieri. Poi quando diventi più grande, alle superiori,
capisci quali sono i tuoi veri progetti. Fortunatamente ho sempre avuto
dimestichezza nel saper parlare e quindi mi sono chiesto perché non
provarci. Così ci ho provato e il consiglio che voglio dare a tutti i
giovani è proprio quello di provarci, perché nulla è impossibile. Oltre a
essere fiero di aver raggiunto questo traguardo, sono riuscito a capire
che quando hai un obiettivo devi crederci sempre, fino in fondo”.
Qual è adesso il tuo primo obiettivo?
“A
breve termine, il mio obiettivo è quello di riuscire ad avere la
massima fiducia da parte delle società di Serie A. Ho contatti con molti
club, ma sono i fatti che poi contano. Posso anche risultare
intelligente, ma voglio dare dimostrazione del mio sacrificio e della
mia voglia di migliorarmi a chi mi ha dato fiducia. Sono sicuro di
riuscirci. Il mio sogno, però, è quello di lavorare in una grande
agenzia. Ma per questo c'è tempo”.
A breve partirai per la Colombia...
“Dall'inizio
del 2012 ho iniziato a lavorare da solo a questo progetto. Ho lavorato
come agente immobiliare migliorando la dialettica e poi in estate come
animatore, anche per mettere da parte i soldi per il viaggio. Non voglio
dipendere economicamente dai miei genitori, che comunque hanno
ricoperto un ruolo importantissimo per me. Senza il loro appoggio e
sostegno avrei dovuto dire addio al mio sogno. Ho la fortuna di avere
uno zio che abita in Colombia. Lui mi ha invitato più volte a
raggiungerlo nella capitale, Bogotà, e alla fine ho ceduto. Per questo
mi sto dando molto da fare. Ho contattato vari club e procuratori, ma ho
anche pensato alla lingua e sto migliorando il mio spagnolo con una
serie di lezioni individuali. La strada è in salita, non è facile andare
a vivere in un altro paese nonostante l’appoggio di mio zio. Partirò il
31 gennaio per poi tornare in Italia il 19 aprile. A inizio maggio poi
ritornerò in Colombia, ma prima cercherò di incontrare più persone
possibili per spiegargli il calcio colombiano dal punto di vista di un
addetto ai lavori che ha seguito allenamenti e partite. Voglio fare mia
la Colombia e Bogotà dimostrando quanto valgo”.
E poi?
“Voglio
diventare il primo procuratore del Sud America, quella persona di cui
tutti i club italiani ed europei sanno di potersi fidare. Ecco perché
dopo l'estate vorrei girare anche altri paesi del Sud America, ma mi
sposterò solo dopo aver fatto qualcosa di importante in Colombia. In
Argentina o Uruguay ci sono più giocatori con il doppio passaporto e
quindi è meno frequente il problema legato allo status da
extracomunitario. Il campionato brasiliano, invece, ha troppi occhi
puntati addosso”.
Hai già avuto modo di conoscere qualche giovane talento colombiano?
“Il
giovane che ritengo più pronto per l'Europa è sicuramente John Fredy
Miranda. Si tratta di una punta di piede destro classe '96, un talento
assoluto in forza al Santa Fè. E' un attaccante molto abile e veloce,
purtroppo è stato messo in ombra dal suo coetaneo Joao Rodriguez è stato
bloccato dal Chelsea. Conosco Miranda da quando disputava i Tornei
Under 15 e Under 16 con la Colombia, è uno dei calciatori colombiani che
meglio può ambientarsi in Italia e in Europa”.
Quindi proverai a portare Miranda in Italia?
“Sicuramente
farò un tentativo perché Miranda è un giocatore che seguo da tempo e so
che potrebbe essere oggetto di interesse da parte dei club europei.
Sarà una bella occasione per parlarne con il Santa Fè, club proprietario
del suo cartellino. Ma, oltre a Miranda, ci sono tantissimi talenti in
giro per la Colombia e per il Sud America che devono ancora essere
scovati. Non solo nelle prime squadre, ma anche nelle giovanili e nelle
scuole calcio”.
Raccontaci del tuo rapporto con Claudio Chiellini.
“Circa una ventina di giorni fa ho deciso di scrivere una mail alla
Reset Group. Non mi aspettavo una risposta perché nessuno mi conosceva
veramente e poi chissà quante mail gli arriveranno ogni giorno, dato che
in tanti vorebbero lavorare con un'agenzia di questo spessore. Invece
Claudio Chiellini mi ha chiamato immediatamente, dicendosi emozionato di
vedere un ragazzo di vent'anni con questa voglia di fare. Così ha
deciso di darmi una possibilità. In occasione della sfida tra Italia e
Spagna Under 21, a Siena, siamo stati insieme in tribuna a veder la
partita. Sono stato contento di aver avuto l'opportunità di conoscerlo
per ricevere i suoi consigli. Siamo rimasti in contatto, ci sentiamo
spesso e mi fa solo che piacere ricevere i complimenti da parte sua. Uno
dei miei obiettivi è quello di non deluderlo”.
Tutti i calciatori hanno un modello. Anche tu come agente ne hai uno?
“Sì,
il mio modello è il portoghese Jorge Mendes. Oltre ad operare in
maniera ottimale in Sud America, rappresenta una colonna portante dei
manager europei. Ha una vera e propria colonia di assistiti in
Portogallo, ma nella sua scuderia può vantare anche giocatori
sudamericani tra i più forti del mondo. Purtroppo ho poche occasioni di
ascoltare sue interviste, ma quando ci riesco capisco che rappresenta il
mio grande modello. D'altronde Mendes assiste i calciatori più
importanti d’Europa e soprattutto l'allenatore più grande del mondo,
Josè Mourinho”.
Lavoro a parte, qual è la tua fede calcistica?
“Sono
tifoso interista da quando sono nato. Da piccolo, mio padre mi metteva
seduto sul divano a vedere Ronaldo, Baggio e Bobo Vieri. Quella per
l'Inter è una grande passione. Poi da quando è arrivato Mourinho in
panchina, è cambiato il mio modo di vedere il calcio. Grazie a lui vedo
particolari di cui prima non mi accorgevo. E avere il soprannome di
Special One è davvero il top. Ovviamente, però, mi ritengo obiettivo e
guardo tutte le società allo stesso modo nel mio lavoro. Non nascondo
che la Juventus, acerrima nemica dell’Inter, è una delle società che mi
ha trattato meglio e che mi ha dimostrato un'apertura verso i giovani. I
bianconeri Cherubini e Brovarone sono i dirigenti che più mi sono
venuti in contro”.
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