E' trascorso poco più di un mese da quando Federico Spada,
laureatosi un anno e mezzo fa il più giovane agente FIFA d'Europa, ha
lasciato la sua Bologna per volare alla volta della Colombia, dove vi
rimarrà fino alla prossima estate. Per saperne di più su questo scorcio
iniziale della sua trasferta sudamericana e curiosare sulle prime
esperienze avute con la realtà colombiana, ho raggiunto in esclusiva Spada, che ha risposto alle mie domande direttamente dalla città di Tuluá.
Federico, se dovessi tracciare un primo bilancio della tua trasferta colombiana?
“Molto
bene, anzi muy bien. E' un'esperienza totalmente positiva, sia per il
calcio che per la vita, per niente pericolosa come tutti dicono.
Ovviamente bisogna stare attenti per strada, ma questo in tutte le parti
del mondo. Diciamo che in un mese ho fatto molto e sono contento quanto
sorpreso. Più di quindici club con cui sono entrato in contatto, ma non
solamente conosciuti; con questi club sono continuamente in contatto e
c'è grande rispetto dei ruoli. Ripeto, muy bien”.
Come sei stato accolto dalla gente e, in particolare, da dirigenti e giocatori?
“Ho
ricevuto un'accoglienza super. Inizialmente mi vedevano come una
divinità, come il salvatore della patria che può portare tutti i
calciatori in Italia e donare denaro a tutti. Poi, facendo intendere che
non è così facile, mi hanno fatto un po' scendere dalle nuvole! Però
niente da dire, i dirigenti di tutte le squadre sono sempre educati e
disponibili; vedere una partita e mangiare qualcosa insieme a giocatori e
addetti ai lavori è sempre un piacere. Vorrei sottolineare quanto siano
educati i bambini delle scuole calcio, nel tempo libero sto volentieri
con loro. Per questi bambini è un sogno solo potermi stringere una mano e
questo ha dell'incredibile. Rappresentano una soddisfazione veramente
unica per me”.
Quali sono le persone con cui sei riuscito ad instaurare un rapporto migliore?
“L'elenco
sarebbe lunghissimo. A proposito, colgo l'occasione per ringraziare
presidenti e dirigenti vari. Ma una parentesi la vorrei aprire su due
ragazzi da dieci e lode, sul campo e fuori. Si tratta di Miguel Borja e
Cristian Bonilla, rispettivamente capocannoniere e capitano della
Colombia campione al recente Sudamericano sub 20. Due giocatori che
mettono il 101% in partita come in allenamento, ma soprattutto due
ragazzi educati ed intelligenti, due amici con cui è sempre un piacere
condividere cene o altri momenti insieme. Penso che di calciatori così
non ce ne siano molti, per questo sono sicuro che il loro futuro sarà da
noi è farò di tutto per renderlo possibile”.
Quali grandi differenze hai trovato rispetto all'Italia dal punto di vista ambientale e calcistico?
“Ho
notato differenze enormi tra Italia e Colombia, a livello calcistico ma
soprattutto a livello di educazione. Basta assistere a degli
allenamenti per accorgersene: in Italia molte volte i giocatori si
credono campioni, giocano su una gamba e tirano indietro il piede. Qua
invece è sempre una battaglia e lo vedi negli occhi di questi ragazzi,
tutti motivati e decisi a poter coltivare il sogno di diventare
calciatori professionisti. Purtroppo, però, questo si trasforma troppo
spesso in un obiettivo di vitale importanza e quindi non si dedica molto
tempo all'istruzione. Un'altra differenza è rappresentata dal tifo,
perché qua in Colombia sono sempre tutti allo stadio per saltare e
cantare. Ieri ero allo stadio Cali e, nonostante il gol subito dalla
squadra di casa, i tifosi della curva continuavano a saltare senza
fermarsi e a tifare incessantemente. Diciamo che in Italia non è proprio
così”.
Sappiamo che sei entrato in contatto con diverse scuole calcio, strutture che da noi fanno fatica a decollare...
“Le
scuole calcio sono il futuro della Colombia. Nella maggior parte dei
casi le scuole calcio preparano i giovani meglio di come li preparano le
squadre professionistiche. Di loro non si parla mai sui giornali o sui
siti web, ma molte volte il cartellino dei giocatori che sbarcano in
Europa appartiene per metà proprio a queste scuole calcio. Le migliori
sono ben strutturate e i presidenti forniscono tutto, dal materiale al
cibo, ai bambini per potere crescere nel migliore dei modi. Mentre altre
non hanno purtroppo le finanze giuste e quindi prendono i ragazzi dalla
strada mettendoli semplicemente in campo con un pallone. Così è nato
Falcao, con il triplo della fame degli altri”.
Per concludere non possiamo esimerci dal porti questa domanda: c'è qualcosa che bolle in pentola in ottica mercato?
“Assolutamente no, sono qui in vacanza, non lo sapevate? (ride). Quello
che vi posso dire è che mi sto muovendo e sempre al fianco della Reset
Group. Con Claudio Chiellini mi sento quotidinamente e per un ragazzo
giovane come me è un punto di riferimento indispensabile. Anzi, ne
approfitto per dirgli: grazie Claudio!”.
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