Quando e come è nata la AMSports?
«Io e il mio socio
Magni ci siamo conosciuti al corso per agenti FIFA, da allora non ci siamo più
separati. Abbiamo fatto un mix delle nostre mentalità e delle nostre
esperienze: lui veniva da dodici anni da giornalista, io da quindici anni da
venditore. Ci avvaliamo inoltre della preziosa collaborazione di Francesco
Sortino, ex calciatore, che tiene in piedi la nostra struttura soprattutto
quando noi ci troviamo all’estero. Lui gestisce per noi tutto il mercato
italiano, sa gestire le varie situazioni e ragiona proprio come noi. Il nostro
denominatore comune è non lavorare solo in Italia, sia per il mercato in
entrata che in uscita. L'idea di base è quella di andare a cercare giovani
talenti nei paesi sudamericani, Argentina e Brasile su tutti, per poi cercare di
portarli in Europa con slancio verso l'Asia. In Italia i giovani, quando finisce
il periodo nel quale portano dei contributi economici al proprio club, si
ritrovano con l'acqua alla gola perché vengono rimpiazzati da giocatori più
giovani. Noi abbiamo iniziato a lavorare con questa fascia di giocatori su
mercati europei inferiori a quelli principali e su quelli asiatici; la maggior
parte di questi giocatori riesce ad accasarsi in una massima serie, seppur di
un campionato minore. Questo modus operandi ci ha portato a stringere delle partnership
con addetti ai lavori che vivono in paesi come Indonesia, Romania, Grecia,
Bulgaria, ma anche paesi calcisticamente più avanzati come la Spagna. Noi
seguiamo questo flusso che va dal Sud America all'Asia, passando per l'Europa e
questo ci ha portato, negli ultimi due anni, a dover viaggiare anche una volta
al mese. Ma abbiamo introdotto un’altra novità».
Quale?
«Siamo usciti dalla
logica delle date del calciomercato italiano. Per noi il 31 di agosto o il 31
di gennaio non rappresentano l'ultimo giorno di mercato, sono una data come
tante altre perché, indipendentemente dai giorni di chiusura in Italia, noi
guardiamo all’estero. Ogni stato ha la sua finestra di calciomercato in un
periodo diverso e noi le sfruttiamo nel rispetto delle regole imposte dalla
FIFA. Questo ci sta facendo avere tanto successo, ma siamo stati costretti a
farlo anche dalle regole vigenti nel nostro paese. Il problema è che diventa
più macchinoso portare un ragazzo di una scuola calcio italiana ad una società
importante che portare un brasiliano in Italia. Questo accade soprattutto
perché si intromettono terzi, spesso parenti o conoscenti del ragazzo, e questo
crea danno al giocatore stesso».
Qual è, a tuo parere, il segreto del procuratore del
futuro?
«Essere globale al
100%, non si può pensare di poter lavorare nell'ambito della tua sfera fisica e
mentale. Il mercato è globale e quello del calcio lo è ancora di più; si stanno
avvicinando al mondo del calcio arabi, indiani, cinesi e non bisogna
sottovalutare questo aspetto. Se sei italiano non puoi pretendere di poter
lavorare solo in Italia. Questo modo di lavorare ti dà inoltre una
soddisfazione maggiore pur essendo molto impegnativo, anche perché bisogna
confrontarsi e scontrarsi con realtà straniere e molto diverse dalla nostra.
Questo tipo di approccio si sta allargando a macchia d'olio e noi, viaggiando
tanto, riusciamo a trovare sempre più situazioni interessanti».
Se dovessi citare, tra i vostri assistiti, due giocatori
sui quali puntate fortemente?
«In primis direi William,
attaccante classe '92 di proprietà del Genoa e attualmente in prestito al
Modena; quest’anno ha avuto sfortuna, è infortunato ma sta recuperando. Ha ancora
due anni di contratto con i rossoblu, avendo firmato un quadriennale
nell'estate del 2011, e la società punta tanto su di lui. E’ uno dei primi
giocatori che abbiamo portato in Italia, dal Corinthians, ed è munito di doppio
passaporto portoghese e brasiliano. Se poi dovessi fare un secondo nome, direi
Nicolas Mazzola. Si tratta di un centravanti argentino classe '90, veniva da un
lungo infortunio e per avvicinarlo all'Europa lo abbiamo portato al Locarno,
nella seconda divisione svizzera. E’ sotto contratto fino al 2014, ma se una
società italiana si farà avanti per lui il Locarno non gli metterà i bastoni
fra le ruote. Ma c’è un altro giovanissimo sudamericano di cui vorrei parlare…».
Prego.
«Si chiama Hygor
Barbosa, l’ho scoperto in Brasile. E’ un difensore centrale di piede mancino
classe ’99 e alto 1,92. L’abbiamo già portato in Italia per sostenere un
periodo di prova con Milan, Padova e Vicenza. In questo momento stiamo
perfezionando i suoi documenti, che rappresenta uno dei principali problemi con
i giovani extracomunitari. Noi ci adoperiamo per non far avere problemi di
tesseramento alle società, ci occupiamo noi di tutto. Ci stiamo specializzando
anche in questo e abbiamo una persona addetta a questo compito specifico».
Ci avviciniamo all'estate, che tipo di mercato dobbiamo
aspettarci dalle italiane?
«Sarà tutto un gioco a
somma zero. Mi spiego facendo un esempio. Se il Milan venderà El Shaarawy a 35
milioni di euro, comprerà un giocatore a 15 milioni e un altro a 20 milioni.
Oppure ci saranno club costretti a vendere per coprire i propri debiti. In
Italia ci sono tanti giocatori che non si meritano gli stipendi altissimi che
percepiscono; ci vorrebbe un minimo di senso logico. E' da un paio di anni che gli
imprenditori italiani hanno smesso di investire sul calcio e allora si cerca di
tamponare tutto nel giro di pochi anni, ma non è per niente semplice».
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