Ho intervistato in esclusiva Fabio Montecalvo. Con il
presidente di FM Communications e di WFM abbiamo analizzato il
presente e sopratttutto il futuro di due squadre a lui molto vicine,
la Juventus ed il Milan.
Tricolore alla Juve per il secondo
anno consecutivo: come divideresti, in percentuale, i meriti di
questa stagione?
«Tricolore bis meritatissimo e,
alla fine, anche con notevole distacco dal Napoli, a cui vanno
comunque fatti i complimenti per la grandissima stagione disputata.
Come ho già avuto modo di sottolineare, in occasione del ritorno
alla conquista dello scudetto nel 2012, i meriti della Juventus vanno
distribuiti a 360 gradi, non solo al settore tecnico, che sul campo
ha confermato una superiorità tecnico-tattica tale meritare gli
“assoluti” del campionato italiano, ma allo stesso modo al
“corporate” di corso Galileo Ferraris, che ha dimostrato ancora
una volta di aver saputo trasferire il proprio know-how dalle
scrivanie al terreno di gioco. Un team ben costruito e collaudato, in
stile “made in Europe”, come a me piace definire l'ambiente
bianconero, in rodaggio verso i futuri obiettivi che guardano
all'Europa».
Resta però l'amarezza di non essere
riusciti a superare i quarti di Champions. Che rinforzi occorrono per
colmare il gap con le big europee?
«Come dicevo, lo stile “made in
Euope” che contraddistingue l'entourage del presidente Andrea
Agnelli ha tutti i presupposti per poter tornare a trionfare anche in
Europa e nel mondo. C'è, da quest'anno, il valore aggiunto dello
Juventus Stadium che rende la compagine juventina un club europeo a
tutti gli effetti. Il gap tecnico che, in questo momento, la separa
da quelle che han dimostrato d'essere le big d'Europa, riguarda solo
e soltanto il fattore campo. La società c'è, è solida, con una
storia e un palmarès che conferma il “claim” di Vecchia Signora.
Va colmato il parco giocatori che necessita, per i motivi che i
quarti di Champions hanno evidenziato, un intervento sul mercato,
tale da poter rinforzare la rosa bianconera con 4-5 calciatori di
primissimo livello, cioè di quei cosiddetti “top players” con
esperienza internazionale, così come il linguaggio modaiolo del
calcio ci ha “imposto” di definirli».
Credi che sia necessaria la cessione
di un big per arrivare al tanto agognato top player?
«Se dovessi rispondere sulla base
del principio che vorrebbe, anzi, che vuole l'adeguamento al “fair
play” finanziario sia per le big sia per i club di “dimensioni
umane”, allora la risposta sarebbe direttamente proporzionale alla
domanda. Quindi, direi, di sì. Cederei un big per poi reinvestire in
un top player internazionale. Se, invece, devo esporre una
considerazione concernente il livello di competitività di una big
come la Juve, tale da poter ambire al massimo titolo europeo per
club, allora direi che la Juventus è quasi obbligata a investire in
un contesto che la vorrebbe protagonista ai massimi livelli di
mercato».
Qual è l'attaccante che farebbe
davvero al caso di Conte in questo momento?
«Tevez, Jovetic, Suarez, Higuain...
Questi sono i nomi degli arieti dell'area di rigore che si
accosterebbero meglio alla Juventus. Su alcuni di essi credo che ci
siano già interessi per meglio comprendere le fasi essenziali di un
eventuale trasferimento in bianconero, ad opera dei sopra citati top
players».
Passiamo al Milan. Ritieni che, in
fin dei conti, i rossoneri abbiano meritato di approdare ai quarti di
Champions?
«Fiorentina e Milan hanno disputato
entrambe un grandissimo campionato. Il Milan, in particolare, credo
sia da premiare maggiormente nel senso che, partendo dalla posizione
di classifica occupata nelle prime dieci giornate, assolutamente
negativa e lontana da obiettivi da primato che un club come quello
rossonero si pone all'inizio della stagione, è riuscito a recuperare
spostandosi dalla parte destra a quella sinistra della classifica e
poi perché la squadra di Allegri è stata anche in grado di
perseverare nella conquista delle prime posizioni, tanto da arrivare,
fino all'ultimo mach, a garantirsi la qualificazione in Champions
League. Le polemiche, come sempre in Italia accade, lasciano il tempo
che trovano. Allegri ha fatto un grandissimo lavoro con il proprio
gruppo e la sua fortuna si chiama anche e sopratutto, Silvio
Berlusconi, la cui presenza, al posto giusto e nel momento giusto, ha
inculcato in ogni singolo giocatore le giuste motivazioni trasformate
poi nelle vittorie sul campo. Grande merito ai viola, che con una
nuova squadra assemblata e costruita in pochissimo tempo, hanno
chiuso il campionato 70 punti dimostrandosi un club con ambizioni
europee».
A proposito, avresti visto bene
Montella al posto di Allegri?
«Il caso Allegri è stato al centro
delle attenzioni di media e tifosi nelle settimane immediatamente
successive alla fine del campionato, ma ho apprezzato molto la scelta
del club rossonero di proseguire con il tecnico toscano che meglio di
qualunque altro conosce l'esigenza degli uomini di Milanello.
Caratteristiche e peculiarità, queste ultime, dimostrate già nel
corso della stagione che ha visto mister Allegri e i suoi calciatori
protagonisti di una rimonta che li ha portati da una zona confinante
con i quartieri bassi della retrocessione sino al quarto posto,
ovvero al raggiungimento della zona Champions League. Per quanto
concerne l'amico Vincenzo Montella, non si può che dar adito alle
sue elevate capacità dimostrate sia come tecnico sia come
team-leader di un grande gruppo, quale è stato quello viola
quest'anno. Credo che nei prossimi anni andrà a dirigere un gruppo
pronto per la conquista del tricolore».
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