11 ottobre 2016

From Swansea to Aversa Normanna, Danilo Stavola: ‘In Italy we have a lot to learn from Premier League’

From the Premier League in Wales to the coming back to Campania. It is not the route taken by a player who has failed to break through in Great Britain, but that of a young insider who is making up his career in football world. We are talking about Danilo Stavola, who has got the license issued to a scout from the Italian Football Federation. After serving for two years as a scout for Italy for the Academy U21 of Swansea and as a technical consultant for the first team of Garry Monk always for Italy, this summer Stavola began working with Aversa Normanna, that only two years ago was fighting in the third Italian division and now plays in Serie D, the fourth Italian division. For Il Solito Calcio, I interviewed the talent scout, who does not lack future prospects but the experience neither, despite his age.

From Swansea to Aversa Norman: what has changed for Danilo Stavola?
Actually, not much has changed for me. Yesterday like today, I work everyday in football and watch matches. I don’t live this like a step back. In Aversa I'm lucky to work with a serious, healthy, with a young project club and, above all, along with two extraordinary people as the sporting director Orabona and the coach Chianese. I think I can learn so much from this experience”.

What memories do you keep of your adventure as a scout of the Swans?
It 's been a fantastic adventure and I will always thank Mr. Monk for giving me this opportunity. Unfortunately Garry has gone away from Swansea and the club changed the managerial asset. Today there are few people still there among the ones with whom I shared this experience. But a piece of my heart will always jack army”.

Talking about your job, what this experience has enriched you?
I learned to work in a more practical, streamlined and straightforward way. I will explain this. In Wales specific tasks were given to me. I had to look for players of a certain age with certain technical and physical characteristics. And they demanded short and concise reports without extra frills”.

What differences have you found in the way of making scouting in Italy and the United Kingdom?
I must say that since I had the opportunity to learn and apply everyday the method of 'tactical role’ by Professor Marco Zunino, the differences were attenuated. Certainly there are some differences and preferences. In UK they prefer more physical and structured players, even at the expense of technique. In Italy, however, we still prefer short-limbed and good technically footballers”.

What the Italian workers should learn from the British ones?
“I answer you with three words that contain the essence of my deep love for English football and British lifestyle: professionalism, competence, meritocracy”.

How the Italian league can try to fill the gap with the Premier League?
Repeating sounds corny, but as long as we understand the importance to equip ourselves with sports centers, as well as club-owned stadiums, and until we focus on more intense training, we will not do very well”.

But why the British players have so much problems to emerge and assert themselves in Serie A?
Good question. I have asked that myself many times. I think the exasperated tactics of the Italian football make things hard for them. But physically and technically, they have nothing to envy to the many foreigners who live in Italian championship”.

Luca Iannone

7 ottobre 2016

Sette anni nel calcio poi due lauree, l'ex Palermo Gattuso: 'Nessun compromesso con questo mondo sporco'


Settembre scorso è stato un mese nero per l’immagine del calcio italiano. L’eco delle parole di Filippo Cardelli e di Moreno Beretta non si è ancora spenta. Il 18enne difensore della Lazio Primavera e il 23enne attaccante ex Sampdoria hanno deciso di lasciare il calcio e di farlo, non senza ragione, denunciando alcuni dei mali di questo mondo. Sono inquantificabili i ragazzi che in passato hanno compiuto la stessa identica scelta, pur avendo le possibilità e le capacità di proseguire la propria, ancora acerba, carriera da calciatore. Uno di questi è Ignazio Gattuso, ex trequartista, sette anni nel settore giovanile del Palermo. Era luglio 2011 quando, dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili rosanero, quando il classe ’92 lasciò la sua città per effettuare un periodo di prova co i belgi del Lierse: "Quell'estate segnó per me la fine di un percorso. In Belgio non andò benissimo e, senza avvertire il mio procuratore di allora, decisi di tornare in Italia, dove pochi mesi prima avevo rifiutato di firmare il pre-contratto con il Palermo - ricorda Gattuso -. Era già fine agosto e le prospettive che mi si aprivano di fronte non erano quelle da me auspicate. Arrivarono diverse offerte provenienti da squadre di Lega Pro, ma le mie ambizioni erano altre. Penso che una delle caratteristiche che mi ha sempre contraddistinto, sia quella di non scendere a compromessi con nessuno e, probabilmente, questa mia qualità, in un mondo sporco come quello del calcio, pieno di gente falsa, truffaldina e senza scrupoli, mi è costata cara".

Eppure in quell’ultima stagione con la Primavera siciliana fece vedere ottime cose e si mise in mostra, tanto da guadagnarsi la considerazione di Delio Rossi, che lo faceva spesso allenare con la prima squadra e lo convocò addirittura per una trasferta di Europa League (a Losanna). Ma ciò non bastò affinché le strade non si dividessero. E da parte sua Gattuso, intervistato in esclusiva per IlSolito Calcio, confessa di non avere nostalgia di quel periodo: "Sarò sincero: della società del Palermo ho un bruttissimo ricordo. Premettendo che l'amore che provo verso la città e verso quei colori, tutt'ora, è immenso, non posso negare però che la mia esperienza sia stata fortemente negativa. Durante la mia trafila nel settore giovanile ho avuto degli allenatori che degli educatori avevano ben poco. E io ritengo che dagli 11 ai 15 anni i tecnici debbano essere soprattutto dei bravi maestri di vita. Poi, purtroppo, ho letto spesso sui giornali di come la malavita trovi in Italia terreno fertile nel settore calcistico. Il calcio viene infatti considerato l'unica via di emancipazione da tante persone che vivono nel bisogno e nell'ignoranza. Il mondo del calcio mi ha formato però caratterialmente e ha contribuito alla mia crescita umana. Se dovessi tornare indietro, però, ascolterei i miei genitori e non andrei a giocare nel settore giovanile del Palermo calcio di allora", ammette.

Nonostante tutto questo il ventiquattrenne è rimasto comunque legato a diversi suoi ex compagni di squadra, alcuni ancora oggi calciatori ed altri no: "Del mondo del calcio sono rimasto in contatto con tanti ragazzi per bene, c'erano anche quelli ovviamente. Con loro mi sento ancora oggi. Sono dispiaciuto per tutti coloro che, come me, sono stati schiacciati da un sistema corrotto e che oggi non giocano più oppure si ritrovano a giocare in categorie che non gli appartengono. Un nome su tutti: “Se devo fare un appunto positivo per un ragazzo con cui ho condiviso tutta la trafila del settore giovanile e che seguo sempre con interesse, lo faccio per Francesco Ardizzone. Lui è uno di quelli caparbi che ha saputo andare oltre le tante difficoltà e oggi si ritrova a giocare meritatamente in Serie B con la Pro Vercelli".

Torniamo al 2011: Ignazio non perde tempo e decide di iniziare il percorso universitario, sempre a Palermo. Si laurea in ‘Scienze della comunicazione’ con 110 e lode e si trasferisce a Roma. Nella capitale si iscrive all'università La Sapienza, dove, tra le altre cose, ha anche vinto una borsa di studio. Ora sta per laurearsi in ‘Organizzazione e marketing per la comunicazione d’impresa’ (la seduta di laurea è fissata tra 12 giorni e il 110 è già assicurato). Nel frattempo si è dedicato anche alla politica fondando un nuovo movimento civico, Lideanuova, e all'organizzazione di eventi come seminari e convegni a sfondo culturale e politico. Insomma, si è dato parecchio da fare. E i sette anni passati ad inseguire un pallone non sono stati inutili: "Sicuramente, come dicevo prima, il calcio mi ha dato tanto sotto il profilo umano. Sono dell'idea che chi cresce in quell'ambiente è davvero preparato ad affrontare tante ingiustizie. Ecco, io ritengo che in tutti i settori in Italia vi sia bisogno di una rivoluzione culturale. Bisognerebbe mettere al primo posto la meritocrazia e cercare di combattere fenomeni che rallentano la crescita del Paese come corruzione e clientelismi. Il calcio in particolare, come apprendo sempre dai giornali dalle varie inchieste tra cui quella relativa al calcioscommesse, penso sia uno dei settori più inquinati. D'altronde, quando girano tanti soldi e ci sono in ballo tanti interessi e i controlli sono pochi, non può che essere così", afferma.

Infine, Ignazio Gattuso manda un messaggio molto chiaro a tutti quei giovani che hanno paura di abbandonare il calcio perché temono di non trovare fortuna altrove: "Comprendo benissimo come diventare calciatore sia il sogno di molti bambini. I calciatori sono dei privilegiati: hanno fama, successo e tanti soldi. Però nella vita bisogna sempre camminare a testa alta. Io, grazie anche all'apporto dei miei genitori, ho fatto la scelta di abbandonare quel mondo e in questi cinque anni ho avuto tante soddisfazioni, tra cui due lauree col massimo dei voti, la nomina ad assistente universitario per la materia Teorie e Tecniche della Comunicazione pubblica all'Università di Palermo e la fondazione del movimento Lideanuova che mi permette di coltivare l'altra mia grande passione: la politica. Bisogna avere la capacità di crearsi altre prospettive di vita e cercare successo altrove, perché da una grande delusione, a volte, si possono trovare le forze per raggiungere grandi traguardi, con impegno e soprattutto onestà". Un messaggio che non si può non condividere.

Luca Iannone

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6 ottobre 2016

Dallo Swansea all’Aversa Normanna, Danilo Stavola: ‘In Italia abbiamo da imparare dalla Premier’

Dalla Premier League in Galles al ritorno nella sua Campania. Non è il percorso fatto da un calciatore che non è riuscito a sfondare oltremanica, ma quello di un giovane addetto ai lavori che sta costruendo la sua carriera nel mondo del calcio. Stiamo parlando di Danilo Stavola, napoletano doc con in tasca il patentino da osservatore rilasciatogli dalla FIGC. Dopo aver ricoperto per circa due anni il ruolo di osservatore per l’Italia per l’Academy Under 21 dello Swansea e di consulente tecnico per la squadra di Garry Monk sempre per l’Italia, questa estate il ventottenne (il suo compleanno è proprio oggi, auguri!) ha iniziato a lavorare con l’Aversa Normanna, che solo due anni fa militava in Lega Pro e oggi gioca in Serie D nella parte alta della classifica del Girone I. Ho intervistato in esclusiva per Il Solito Calcio il talent scout, a cui non mancano le prospettive future ma neanche l’esperienza nonostante l’età.

Dallo Swansea all'Aversa Normanna: cosa è cambiato per Danilo Stavola?
A dire il vero, non è cambiato molto per me. Ieri come oggi faccio del calcio e della visione quotidiana di partite il mio must quotidiano. Non lo vivo come un passo indietro. Ad Aversa ho la fortuna di lavorare con una società seria, sana, con un progetto giovane e, soprattutto, insieme a due uomini umanamente e professionalmente straordinari come il direttore sportivo Orabona e il mister Chianese. Credo di poter imparare tanto da questa esperienza”.

Che ricordo conservi della tua avventura come osservatore degli Swans?
E' stata una fantastica avventura e ringrazierò sempre Mister Monk per avermi dato questa opportunità. Purtroppo Garry è andato via dallo Swansea e la società ha cambiato l'assetto manageriale. Oggi, tra le persone con cui ho condiviso questa esperienza, sono in poche ad essere ancora . Ma un pezzo del mio cuore sarà sempre jack army.

Lavorativamente parlando, cosa ti ha arricchito di questa esperienza?
Ho imparato a lavorare in modo più pratico, snello e diretto. Mi spiego. mi venivano dati compiti precisi. Dovevo cercare giocatori di una certa età con determinate caratteristiche tecniche e fisiche. Ed esigevano reazioni brevi e concise, senza troppe chiacchiere”.

Che differenze hai riscontrato nel modo di fare scouting tra Italia e Regno Unito?
Devo dire che da quando ho avuto modo di apprendere ed applicare quotidianamente il metodo del ruolo tattico del Professor Marco Zunino le differenze si sono assottigliate. Di certo ci sono differenze anche di preferenze. In Gran Bretagna prediligono calciatori più fisici e strutturati, anche a scapito della tecnica. In Italia, invece, prediligiamo ancora calciatori brevilinei e bravi tecnicamente”.

In che cosa gli addetti ai lavori italiani dovrebbero imparare da quelli britannici?
Ti rispondo con tre parole che racchiudono l'essenza del mio amore viscerale per il calcio inglese ed il british lifestyle: professionalità, competenza, meritocrazia”.

In che modo il nostro campionato può provare a colmare il gap con la Premier League?
Ripetersi sembra banale, ma finchè non capiremo l'importanza di dotarci di centri sportivi, oltre che di stadi, di proprietà e finchè non ci concentreremo su allenamenti più intensi, non andremo lontano”.

Ma come mai i calciatori britannici fanno così tanta fatica ad emergere e affermarsi in Serie A?
Bella domanda. Me lo sono chiesto tante volte anche io. Credo che l'esasperato tatticismo del calcio italiano li metta in difficoltà. Ma fisicamente e tecnicamente, non hanno nulla da invidiare ai tanti stranieri che popolano il nostro campionato”.

Luca Iannone

30 settembre 2016

Discovering DYJCODE, the fashion brand by Dennis Praet: 'Landing in Italy is a dream'

Among the biggest footballers in the world that start their own clothing brand and the stylists that make a competition to wear the top European teams, the football-fashion combination is more relevant than ever. Even and especially in Italy, where the pioneers Paolo Maldini and Christian Vieri founded the brand Sweet Years in 2003. A new acquaintance of Italian football decided to follow them three years ago: Dennis Praet. His label is called DYJCODE and no one better than the co-founder Yannick Nulens would be more suitable to talk about it: “DYJCODE is a Belgian clothing brand created Dennis Praet. Togheter with me and another friend, Joseph Fradelakis, he created a webshop with affordable clothing. After three years, you can find us in more than 60 stores in Belgium. The name DYJCODE stands for the first letter of each of the owners: Dennis, Yannick and Joseph. Our style is hip and trendy, we try to create street style clothing”.

In an exclusive interview for Il Solito Calcio, Nulens, who is friend of Praet and also plays football in Belgium, tells us how and when the idea was born: “Dennis and I have been friends since we were very young. We always played football in the same team and went to the same school. During a trip to New York I introduced Dennis to Joseph. Jospeh is a real entrepreneur and came up with the idea of clothing webshop. That’s how it got started”. After a short time, the three partners are satisfied with their work: Business is going very good. We are growing each collection. We see that people of all kind of ages buy our clothes, but I guess we are more popular for younger people. Now we cooperate with one of Belgians biggest clothing multi store: ZEB. They have over 60 stores in Belgium, this helps us grow very fast. We started it as a hobby, but now it’s a professional enterprise”.

And if Praet was a “gift” by Massimo Ferrero to the UC Sampdoria fans, who can say that the exuberant and volcanic chairman can not study a form of collaboration with DYJCODE. Perhaps, maybe, in the future: “I don’t really know Mister Ferrero and I don’t know what he does, so it's difficult to answer”, Nulens cuts short. Certainly we don't feel to exclude this after that Ferrero himself had launched the idea of entrusting the role of Sampdoria female sponsor to the actress Natalie Portman and even the idea of making a film about Samuel Eto'o's life by signing Morgan Freeman, not just anyone, to impersonate the Cameroonian striker.

In any case, the three partners aspire to export their brand even outside the Belgian borders, also in the country home of fashion: “This is still a long shot, but who knows. We always try to find new ways to expand our business. We do everything step per step. But of course we dream of things like selling our clothes in Italy. The most important thing is that Dennis feels at home in Italy and performs well, who knows what the future brings”. As a football player and an entrepreneur, Nulens concludes by underlining his point of view about the combination mentioned mentioned some upper lines: I think that footballers have always been seen as people with a sense of fashion. Most of the football players are always dressed very well, especially in Italy. That is also one of the reasons why we started DYJCODE. The connection between Dennis and fashion is very easy”. And the connection between Genoa and the Flanders is even more easy...

Luca Iannone

29 settembre 2016

Alla scoperta di DYJCODE, il brand di moda di Dennis Praet: 'Un sogno sbarcare anche in Italia'

Tra grandi del calcio mondiale che lanciano proprie linee di abbigliamento e stilisti che fanno a gara per vestire i top club europei, il binomio calcio-moda è più che mai di attualità. Anche e soprattutto in Italia, dove Maldini e Vieri sono stati dei pionieri fondando il marchio Sweet Years nel 2003. Tre anni fa ha deciso di imitarli una nuova conoscenza del calcio italiano: Dennis Praet. La sua griffe si chiama DYJCODE e nessuno meglio del cofondatore Yannick Nulens sarebbe più adatto a parlarne: “E' un marchio di abbigliamento belga creato da Dennis Praet. Insieme a me e ad un altro amico, Joseph Fradelakis, ha creato online un negozio di abbigliamento a prezzi accessibili. A distanza di tre anni, ci potete trovare in più di 60 negozi in Belgio. Il nome DYJCODE sta per le prime lettere di ognuno dei proprietari: Dennis, Yannick e Joseph. Il nostro stile è alla moda e di tendenza, proviamo a creare uno stile d’abbigliamento street fashion”.

Intervistato in esclusiva per Il Solito Calcio, Nulens, coetaneo di Praet e anche lui calciatore in Belgio, ci racconta di come e quando è nata l'idea: “Io e Dennis siamo amici sin da quando eravamo molto piccolo. Giocavamo a calcio nella stessa squadra e andavamo a scuola insieme. Durante un viaggio a New York ho presentato Dennis a Joseph. Joseph è un vero imprenditore ed è saltato fuori con l’idea di un negozio di abbigliamento online. Ecco come è cominciato tutto”. A distanza di poco tempo, i tre soci sono soddisfatti del lavoro svolto: “Gli affari stanno andando molto bene - confessa -. Stiamo sviluppando ciascuna collezione. Stiamo vedendo che persone di tutte le età comprano i nostri capi, ma direi che siamo più popolari tra i giovani. Attualmente collaboriamo con una delle più grandi catene di negozi di abbigliamento del Belgio: ZEB. Possiedono più di 60 negozi, questo ci aiuta a crescere molto velocemente. Inizialmente lo abbiamo preso come un hobby, ma adesso è un’impresa professionale”.

E se Praet è stato un “regalo” per i tifosi della Sampdoria da parte di Massimo Ferrero, chi può dire che l'esuberante e vulcanico presidente blucerchiato non possa studiare una forma di collaborazione con DYJCODE. Magari, però, in futuro: “Sinceramente non conosco il Signor Ferrero e non so cosa di cosa si occupi, quindi mi è difficile rispondere”, taglia corto Nulens. Di certo non ce la sentiamo di escluderlo dopo che lo stesso Ferrero aveva lanciato l'idea di affidare all'attrice Natalie Portman il ruolo di madrina della Samp e addirittura quella di realizzare un film sulla vita di Samuel Eto'o scritturando Morgan Freeman, non proprio uno qualunque, per impersonare l'attaccante camerunense.

In ogni caso i tre soci aspirano ad esportare la loro griffe anche al di fuori dei confini belgi, anche nel paese patria della moda: “La strada è ancora lunga, ma chi lo sa. Noi proviamo sempre a trovare nuove strade per espandere il nostro business. Facciamo ogni cosa passo dopo passo. Però di certo sogniamo anche di vendere i nostri vestiti in Italia. La cosa più importante è che Dennis si senta a casa in Italia e che giochi bene, poi chissà cosa porterà il futuro”. Da calciatore e imprenditore, Nulens conclude evidenziando il suo punto di vista sul binomio citato qualche riga più in alto: “Credo che i calciatori vengano sempre visti come persone con un grande senso per la moda. La maggior parte dei giocatori sono sempre vestiti molto bene, specialmente in Italia. Questo è anche uno dei motivi per cui abbiamo lanciato DYJCODE. Il collegamento fra Dennis e la moda è molto semplice”. Il collegamento fra Genova e le Fiandre lo è ancora di più...

Luca Iannone

27 settembre 2016

An Italian in London, Ivan Ambrosio: 'I will visit 300 UK stadiums to write a book'

For years London is been one of the favourite destinations for young Italians who want to emigrate to seek his fortune abroad. Among these there is Ivan Ambrosio, 22 years old, born in the province of Naples. Football fan and English football fan, he lives, as we said, in the British capital. So far nothing strange. Except that Ivan has made up his mind to travel to the discovery of the English football and to visit as many possible stadiums across the United Kingdom: "The project was born a few months ago. It was talking about how beautiful could be to enclose all these journeys in a Facebook page and maybe, in the future, inside a book. I dreamed for years to visit the whole United Kingdom and its wonderful stadiums".

But, in this exclusive interview with Il Solito Calcio, the 22 years old reveals he is still far from his first goal before proceeding to the next step: "I visited approximately 100 stadiums in the United Kingdom. I want to reach the minimum amount of 300 stadiums to enclose in a book the most important ones, but also the most unknown and peculiar ones". In the drawer there is the dream of sitting on a bench as a coach and, for this reason, he often visits also the training centers. Returning to the English stadiums, however, his favourite stadium is only one: "I love the Craven Cottage, it's marvelous. In Fulham it seems to go back in time!", he tells.

It is natural to ask an Italian who deeply knows the world of British stadiums whether Italy has something to learn about stadiums from the architectural point of view: "For what concerns the architecture, nothing. After having visited stadiums in England, Italy, Spain and Germany, i can say that each country has its own architectural style", Ivan explains. Instead, the answer is completely opposite when the question is about the management and the services: "The stadium topic is extremely different, in Italy the idea of 'stadium property' doesn't exist at all. Only the Juventus has understood that it's right to align with the rest of Europe, because abroad, with stadiums property, the club are able to make incredible earnings every year: stadium tours are organized, with the trophy room that attract tourists from all over the world, the restaurant area, the bar, the store for the club merchandising. In some stadiums there are even gyms, wellness centers and schools!".

Moving the magnifying glass from Great Britain to Italy, according to Ambrosio there is only one stadium that can compete with the much-vaunted English ones: "The Juventus Stadium is doubtless the stadium that comes closest to perfection. A wonderful structure, always in excellent condition, perfect view, any sectors covered and, above all, close to the field, in perfect English style! Then, near the Stadium, there is the Area 12: it's a shopping mall where the young people and the families can go and spend their free time, not only in the match days. Inside this shopping center there is obviously the Juventus Store and supermarkets and clothing shops too". Finally we have only to indicate the Facebook page whereby you can stay updated on the movements and the new adventures of Ivan Ambrosio. To the next stadium!

Luca Iannone

26 settembre 2016

Un italiano a Londra, Ivan Ambrosio: 'Visito 300 stadi inglesi e scrivo un libro. In Italia solo Juve'


Da anni Londra è una delle mete preferite per i giovani italiani che vogliono emigrare per cercare fortuna all'estero. Tra questi c'è anche Ivan Ambrosio, 22 anni, nativo di Ottaviano in provincia di Napoli. Appassionato di calcio e in particolare di quello inglese, vive, come dicevamo, nella capitale britannica. Fin qui, nulla di strano. Se non fosse che Ivan si è messo in testa di viaggiare alla scoperta del football e di visitare il maggior numero di stadi possibili oltremanica: "Il progetto è nato pochi mesi fa. Si parlava di quanto potesse essere bello racchiudere tutti questi viaggi in una pagina Facebook e magari, più avanti, all'interno in un libro. Da anni però sognavo di visitare tutto il Regno Unito e i suoi meravigliosi stadi".

In questa intervista esclusiva per Il Solito Calcio, il 22enne svela però di essere ancora lontano dal suo primo obiettivo prima di passare allo step successivo: "Ho visitato circa 100 stadi nel Regno Unito. Voglio raggiungere quota minima di 300 per poi racchiudere in un libro tutti quelli più importanti, ma anche quelli più sconosciuti e caratteristici". Nel cassetto c'è il sogno di sedersi in panchina nelle vesti di allenatore e, per questo motivo, si trova a visitare spesso anche i centri di allenamento. Tornando agli stadi inglesi, invece, il suo preferito è uno solo: "Amo il Craven Cottage, è meraviglioso. A Fulham sembra di tornare indietro nel tempo!", racconta.

Ad un italiano che conosce profondamente il mondo degli stadi britannici, viene spontaneo chiedere se il nostro paese ha qualcosa da imparare sugli stadi dal punto di vista architettonico: "Per quanto riguarda l'architettura nulla. Dopo aver visitato stadi in Inghilterra, Italia, Spagna e Germania, posso dire che ogni nazione ha un proprio stile architettonico", spiega Ivan. Di stampo opposto, invece, è la risposta quando la domanda riguarda la gestione e i servizi: "L'argomento stadio è estremamente differente, in Italia non esiste proprio il concetto di 'stadio di proprietà'. Solo la Juventus ha capito che è giusto allinearsi con il resto d'Europa, perché all'estero, con gli stadi di proprietà, le società riescono a fare ogni anno dei guadagni pazzeschi: si organizzano tour degli stadi, con la sala trofei che attira turisti da ogni parte del mondo, l'area ristorante, il bar, lo store per il merchandising della squadra. In alcuni stadi si trovano addirittura palestre, centri benessere e scuole!".

Spostando la lente dalla Gran Bretagna all'Italia, per Ambrosio c'è un solo impianto che può competere con i tanto decantati stadi inglesi: "Lo Juventus Stadium è senza dubbio lo stadio italiano che si avvicina di più alla perfezione. Una struttura meravigliosa, sempre in ottime condizioni, visuale perfetta, qualsiasi settore coperto e soprattutto attaccato al campo di gioco, in perfetto stile inglese! Poi, nei pressi dello Stadium, troviamo l'Area 12: è un centro commerciale meraviglioso dove i giovani e le famiglie, nei giorni delle partite e non, possono recarsi e trascorrere il loro tempo libero. All'interno di questo centro commerciale si trova ovviamente lo store della Juve, supermercati e negozi d'abbigliamento". Per concludere non resta che segnalare la pagina Facebook grazie alla quale si può rimanere aggiornati sui movimenti e le nuove avventure di Ivan Ambrosio. Al prossimo stadio!

Luca Iannone

23 settembre 2016

Lucia, fidanzata di Capuano: 'Vi dico tutto su Marco e noi. Wanda Nara? Ognuno faccia ciò che vuole'

"La mia storia con Marco è iniziata a Pescara quasi tre anni fa, fu lui a contattarmi tramite Facebook. Fin dall'inizio è stato molto carino e rispettoso con me ed è stato proprio grazie a questo che mi ha conquistata". Marco è uno dei nomi più comuni in Italia, ma il Marco in questione non è esattamente uno qualunque: è Marco Capuano, difensore del Cagliari. E a pronunciare queste parole è la sua fidanzata Lucia Centorame, attrice e modella laureata in Pubblicità e Marketing all'Università di Pescara. Per loro, dopo più di due anni insieme, c'è all'orizzonte anche l'ipotesi di suggellare questo duraturo rapporto d'amore: "Sicuramente al matrimonio ci pensiamo. La nostra idea è quella di sposarci tra un paio d'anni", ci rivela. 

Anche se quest'ultimo periodo non sta sorridendo particolarmente a Capuano che, se nella scorsa stagione è stato un punto fermo della squadra di Rastelli e lo sarebbe stato ancora di più se non fosse stato per i ripetuti infortuni, ora si ritrova ai margini della squadra con sole due presenze totalizzate finora. Ma Lucia, in questa intervista esclusiva a Il SolitoCalcio, dimostra di prendere la cosa con filosofia: "Certamente non è facile allenarsi e non giocare, ma è questo che forma la personalità di un giocatore. Bisogna essere dei professionisti e farsi trovare pronti quando l'occasione arriva". E neanche la tanto temuta dalle donne regola del fuorigioco la scompone: "Non mi trovi assolutamente impreparata! E' fuorigioco quando l'attaccante che riceve la palla si trova oltre la linea dei difensori dell'altra squadra, quindi l'eventuale gol non è ritenuto valido". Però il calcio non sarà mai il suo mestiere, a differenza di quanto accade tra una certa Wanda Nara e un certo Mauro Icardi: "Io credo che la compagna debba fare la compagna, anche perché è un ruolo molto duro. Per tutte le altre cose ci sono gli agenti, che hanno contatti ed esperienza".

In ogni caso, al di là della situazione attuale, l'ex Pescara e Nazionale Under 21 è ormai di casa nel capoluogo sardo e anche la sua fidanzata, che si è trasferita con lui nel 2014, non nasconde di trovarcisi a proprio agio: "Oramai mi sono affezionata alla città, alle persone che ho conosciuto e alle mie abitudini qui. Poi sono molto molto legata alle altre ragazze (fidanzate e mogli dei compagni di Capuano, ndr) con cui ho un bellissimo rapporto e con cui passo la maggior parte del mio tempo qui", racconta. A 560 chilometri di distanza c'è però un'altra città nel cuore di entrambi: "Pescara mi e ci manca perché li ci sono le nostre famiglie. E poi ora abbiamo anche comprato casa lì!". Nel cassetto, invece, Lucia ha un sogno per lei e per Marco: "Il mio sogno nel cassetto è di trovare la serenità nella vita, per me, per Marco e per tutte le persone che amo".

Luca Iannone

20 settembre 2016

Serie A, nessuno a punteggio pieno alla 4a giornata: non accadeva da 5 anni

In attesa che la sfida tra Milan e Lazio di questa sera dia il via alla quinta giornata di questa Serie A, emerge un dato interessante se si confronta la classifica attuale con quelle delle ultime stagioni: nessuna squadra è riuscita a fare bottino pieno in questi primi cinque turni di campionato. Il dato è interessante perché rappresenta un'inversione di tendenza rispetto a quanto avevamo visto per quattro anni di fila fino allo scorso torneo. Infatti, troviamo traccia di una classifica di A senza nessuno a punteggio pieno dopo quattro giornate solo se risaliamo indietro nel tempo sino al 2011. Allora erano Genoa, Juventus e Udinese in vetta con 7 punti (3 in meno rispetto al Napoli, attuale capolista). Ma, per correttezza, bisogna dire che anche l'Atalanta avrebbe totalizzato lo stesso score se non fosse stato per la penalizzazione di 6 punti che le era stata inflitta per le note vicende del Calcioscommesse.

Nel frattempo, tra il 2011 e oggi, c'è sempre stata almeno una squadra capace di imporsi su tutte le altre nei primi quattro turni del nostro campionato. Nella passata stagione era stata l'Inter, grazie a tutte vittorie con un solo gol di scarto, a superare le dirette avversarie nello sprint iniziale. Se andiamo a ritroso fino al 2014, le prime della classe erano Juventus e Roma, che si sarebbero poi ritrovate rispettivamente prima e seconda nella classifica finale non tradendo le aspettative iniziali. Tre anni fa, invece, erano stati i nuovi arrivati Benitez e Garcia a condurre Napoli e Roma (che di successi consecutivi riuscì poi ad inanellarne ben dieci, stabilendo un nuovo record) al primo posto. Infine, nelle prime quattro giornate del campionato 2012-2013, era stata nuovamente la Juve, la seconda targata Conte, ad affermarsi. Insomma, al di là di questa piccola curiosità, tutti i campionati presi in esame hanno avuto un comune denominatore: sono stati vinti dalla Juventus. Chissà che la stagione appena cominciata non possa rappresentare un'eccezione anche in questo...

Luca Iannone

16 settembre 2016

Serie A, la top 11 dei giocatori meno pagati: 4-2-3-1 con tutti Under 20

De Rossi, Higuain e Icardi, sì, ma ci sono anche Krapikas, Giuliano e Jankto. Forse passeranno più tempo a giocare con la formazione Primavera che con la prima squadra, magari si dovranno ritenere fortunati se otterranno anche solo una possibilità di giocare in prima squadra, chissà se e quando se ne sentirà parlare in futuro, ma intanto sono arrivati lassù, in Serie A, per provare a lasciare un piccolo segno. Stiamo parlando dei calciatori meno pagati del campionato italiano, giocatori che comunque fanno parte a tutti gli effetti della rosa di una delle 20 della massima serie.

E se volessimo creare una squadra, chi meriterebbe di diritto il posto da titolare? Innanzitutto, per chi è sempre attento al portafogli, basterebbero “solo” 598mila euro, una cifra nemmeno lontanamente paragonabili ai 48 milioni che, come abbiamo visto, servirebbero per far giocare insieme gli undici Paperoni della A. Tracciando un profilo di questa formazione virtuale, si scopre che ognuno dei suoi membri percepisce in media circa 54mila euro netti. Non male per dei giovani di quella età, se si considera che tutti loro fanno parte della categoria degli Under 20 e solo tre hanno compiuto 20 anni. Ma scendiamo nel dettaglio e andiamo a svelare da chi sarebbe composta questo 4-2-3-1 decisamente particolare per i suoi interpreti.

In porta il lituano nato nel 1999 Titas Krapikas, che pochi mesi fa ha firmato il suo primo contratto da professionista con la Sampdoria che alla fine della stagione gli avrà fruttato 18mila euro. Di un anno più vecchio è Leonardo Maloku (50mila), terzino destro del Pescara ed ex nazionale albanese Under 17. Al centro della difesa troviamo Eloge Yao (80mila), difensore del '96 dell'Inter che ha ben figurato lo scorso anno a Crotone sotto la guida di Juric, e Simone Giuliano (20mila), classe '97 del Palermo che nasce come terzino sinistro ma è stato spesso impiegato come centrale in Primavera. La fascia sinistra è tutta di Manuel Nicoletti (50mila), laterale mancino del Crotone e dell'Italia Under 18. Chi ha già fatto il suo esordio con i grandi è l'Under 21 della Repubblica Ceca Jakub Jankto (40mila), centrocampista '96 di proprietà dell'Udinese che ha fatto il suo debutto in Coppa Italia entrando dalla panchina contro la Spezia. Leggermente fuori ruolo troviamo in mezzo al campo il romeno classe '98 Ianis Hagi (90mila) della Fiorentina, figlio del più noto Gheorghe, più trequartista o mezzala che centrocampista centrale ma con le qualità per poter ricoprire tranquillamente anche questo ruolo non propriamente suo. Rimanendo in casa viola, come esterno destro d'attacco c'è un altro figlio d'arte, il classe '98 Federico Chiesa (70mila), che ha debuttato da titolare alla prima di campionato allo Juventus Stadium. Al centro della trequarti un altro giovanissimo in forza al Pescara: Ferdinando Del Sole (50mila), trequartista '98, anche lui esordiente in Coppa Italia contro il Frosinone seppur con un minutaggio di neanche 10 minuti. Sulla sinistra un'ala a piede invertito come Luca Zanimacchia (70mila), diciottenne prelevato dal Genoa nell'ultima sessione di calciomercato. Dieci giocatori alle spalle dell'unico attaccante, la punta classe '96 Romani Tchanturia (60mila) dell'Empoli e della Georgia Under 21.

Oggi così, domani chissà...




Luca Iannone

14 settembre 2016

Addio al calcio, Beretta: 'Mai più in questo mondo. Lega Pro disorganizzata, Samp assente'

La sua lettera, pubblicata in anteprima esclusiva proprio su queste pagine, ha fatto il giro dello Stivale: da Nord a Sud si è parlato di Moreno Beretta, 23 anni compiuti lo scorso maggio e tutta una vita ancora davanti a sé. Non un ragazzo come gli altri però, perché Beretta, dopo essere cresciuto nel settore giovanile di Virtus Entella e Sampdoria e aver solcato i campi del calcio professionistico per sei stagioni, ha deciso di smettere di correre dietro ad un pallone che non rappresentava più quel sogno che magari da bambino avrebbe voluto diventasse realtà. Ma lui da parte sua non vuole né polemizzare né sfogarsi per una scelta compiuta con grande consapevolezza, come racconta in un'intervista esclusiva a Il Solito Calcio: “Ho maturato questa decisione sul finire della stagione scorsa. A inizio anno mi ero ripromesso di smettere se avessi visto certi comportamenti, atteggiamenti e modi d'essere del mondo del calcio. Purtroppo si è confermato quello che pensavo e io ho mantenuto molto serenamente la mia linea di pensiero, così ho scelto di smettere. E' stata una decisione molto ponderata”.

Non è mancato chi però, direttamente o indirettamente, ha mandato dei messaggi al classe '93 chiedendogli di ripensarci e tornare sui suoi passi: “A questi appelli rispondo che sono fermamente convinto che nella vita bisogna prima di tutto stare bene con se stessi e avere dei valori umani a livello personale. Non mi toccano queste parole di chi mi dice di ripensarci, è stata una decisione totalmente di cuore che mi fa stare bene: non potevo accettare di vivere in un mondo del genere. Non credo di dover rientrare in un mondo così. Rimanere nel calcio in un'altra veste? Penso proprio di no, la mia è stata una scelta molto sentita. Io non stavo più bene in quel mondo lì, è una cosa personale più che altro e riguarda tutto quello che c'è nel mondo del calcio”, afferma con decisione.

Provando un po' a ripercorrere quella che è stata la sua (purtroppo) breve carriera da calciatore, l'ex attaccante non nasconde di non avere ricordi felici di una squadra in particolare di cui ha vestito la maglia: “Ricordo con piacere alcune persone che ho incontrato nel mio cammino. Voglio citare Mauro Doimi, Amedeo Baldari e Umberto Borino dello staff medico della Sampdoria, persone che mi hanno seguito nel periodo del mio infortunio e mi hanno aiutato più di tutti nella mia esperienza calcistica a livello fisico ma anche umano. Quindi ci sono delle persone che rappresentano una parte positiva della mia esperienza nel mondo del calcio ma, se dovessi parlare bene a livello di ambiente, non ci riuscirei. Se esiste il calcio pulito in Italia? No, non esiste. O almeno nella mia esperienza non l'ho mai incontrato e non è mai esistito”. La domanda sorge spontanea: esisterà oppure no?

E' inutile nascondere però che la società che ha rappresentato il punto più alto del suo percorso è stata proprio la Sampdoria, con cui Beretta non è riuscito a stabilire un feeling particolare e non ne fa mistero: “Ci sono state due Sampdoria, due ere: una quando sono arrivato e una quando sono andato via, nel mezzo sono cambiate alcune cose e anche certi interpreti. Dell'ultima Sampdoria, della società odierna, quella che ho vissuto, io non posso parlare bene: non sono stati mai presenti, non hanno mai avuto interesse nel tracciare un percorso comune con me e con altri ragazzi. Questo è il difetto maggiore che hanno mostrato, nonostante una Primavera formata da giovani di qualità come lo stesso Icardi, Zaza, Rizzo e tanti altri. Non sono stati in grado di sfruttare tutte le potenzialità di noi giovani e un motivo c'è, mettiamola così”. Proprio ai tempi della Primavera della Samp, il ventitreenne faceva coppia con un certo Mauro Icardi, non esattamente uno qualsiasi: “Mauro si merita assolutamente di stare lì dov'è ora a mio parere. Ancora oggi lo guardo giocare molto volentieri, mi fa veramente piacere che sia lì e che sia riuscito a realizzare il suo sogno, se lo merita. Lui non rientra assolutamente nella categoria di persone a cui facevo riferimento nella mia lettera. Anzi, ripeto, mi fa piacere che lui sia lì, mi ha fatto piacere averlo conosciuto e aver giocato con lui. Non ho dispiacere per il fatto di non esserci io ma lui sì”. E dalla sua voce traspare la sincerità dietro a queste parole.

Tanti anni nella Sampdoria ma anche tanti anni in Lega Pro, trascorsi fra Portogruaro, Virtus Entella, Paganese, San Marino, Pisa e Mantova: Il più grande problema è la disorganizzazione totale che regna in questa categoria - sostiene, riprendendo i temi toccati nella lettera -. Una disorganizzazione dovuta al fatto che chi comanda non è all'altezza di comandare, non è pronto e non ha gli strumenti per farlo e, logicamente, finisce per sbagliare. Se viene permesso questo, è normale che le cose vadano male. Forse ci vorrebbe più controllo in partenza su chi comanderà e avrà potere in un club”.

Sono passati due mesi da quando ha firmato la rescissione di contratto con il Mantova: cosa ha fatto nel frattempo prima di scrivere e rendere pubblico il testo che ha suscitato tanto interesse negli ultimi giorni? “Niente di particolare. Ho deciso di smettere e quindi ho rescisso il contratto di un anno che mi era rimasto con il Mantova. Questo per dire che, se avessi voluto, avrei avuto la possibilità di riprovarci. Adesso mi sto guardando intorno per capire in che ambito iniziare a lavorare, non avevo già una cosa pronta da fare”. Infine Beretta, dalla sua Deiva Marina che da anni non aveva potuto godersi per tutto questo tempo di fila, manda un messaggio a tutti i giovani che hanno intrapreso la strada, tutta in salita, che attraversa il mondo del calcio: “Come ho detto a tanti ragazzi che mi hanno scritto, perché per fortuna sono rimasto in buoni rapporti con tanti, mi limito a questo: nella vita bisogna stare bene e fare scelte che fanno bene con se stessi. Quindi se fa stare bene rimanere nel mondo del calcio, è giusto essere il primo guerriero che combatte contro ogni cosa. Se e quando, invece, non fa stare bene, allora bisogna avere rispetto per se stessi e dire basta”. Moreno Beretta ha detto basta, noi gli diciamo: in bocca al lupo Moreno!

Luca Iannone

12 settembre 2016

Moreno Beretta lascia il calcio e scrive una lettera: 'Contano solo gli interessi di gente sporca'

E' cresciuto nella Sampdoria dove ha fatto tutta la trafila delle giovanili, poi ha girato l'Italia senza trovare fortuna in Lega Pro fra il Portogruaro, il ritorno alla Virtus Entella (dove aveva giocato fino a 14 anni), la Paganese, il San Marino, il Pisa e infine il Mantova, con cui ha rescisso il proprio contratto a luglio dopo l'ultima stagione. Stiamo parlando di Moreno Beretta, attaccante classe '93 che può vantare anche 4 presenze con la Nazionale Under 18 e 3 con l'Under 19. Anzi, oramai dovremmo dire ex attaccante. Sì perché Beretta, 23 anni compiuti lo scorso maggio, ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e, a questo proposito, ha deciso di affidare a Il Solito Calcio una lettera riportata qui di seguito.

In questi giorni ho letto parecchio scalpore per il post scritto da un mio ormai ex collega, giocatore della Lazio, che sottoscrive un andamento del sistema calcistico italiano non del tutto corretto (per essere gentili).
In conseguenza a ciò, mi sento di rimarcare i concetti espressi nelle sue parole e non, raccontando la mia di esperienza, ragazzo di ventitré anni che quest'anno ha deciso di dire stop a questa vita.
Scrivo tutto questo non per polemizzare, non per rivendicare ma, (spero), per sensibilizzare almeno un secondo le vostre menti riguardo a quello che succede nel mondo del calcio, in Italia, in Lega Pro, ma non solo.
Già mi vedo le facce di molti addetti ai lavori, ignoranti, chiaramente ignoranti, che dopo aver letto due righe sorridono sotto i baffi e pensano: "Eccone un altro che ha smesso perché incapace di sopportare le pressioni del mestiere e se la prende con il sistema". Pensiero immediato, questo, di tutti. Ma proprio perché di tutti, ovviamente sbagliato. Avete mai partecipato ad un discorso dove tutti sono d'accordo? Rispondo io, no. Iniziamo a sensibilizzarci, quindi.
A ventitré anni ho girato già ben sette squadre di calcio professionistiche in cerca "dell'ambiente adatto" per fare un ipotetico salto di qualità. Tralasciando il fatto che io possa essere il più scarso del pianeta o meno, il sopracitato "ambiente adatto" per crescere non l'ho mai incontrato, quindi, gli addetti ai lavori che qualche riga fa sorridevano ora dovrebbero cambiare espressione, in quanto teoricamente feriti nell'orgoglio per essere beccati in fallo nel loro lavoro, ma ovviamente, essendo ignoranti non lo faranno, ed ecco chiarito il primo punto per cui le cose nel calcio partono già male. Chi comanda spesso ignora quello che sta facendo. Andiamo avanti.
La meritocrazia non esiste. Frase fatta, penserete (sempre voi eh, non vi cito più per non essere ripetitivo), ma è triste accorgersi di quanto sia vera.
Nelle Primavere spesso, se non sempre, gioca chi ha il contratto, se sei straniero meglio e dalla società vieni visto come un peso e non come un potenziale calciatore di alto livello. Anche perché, siamo onesti, o gli spermatozoi che giocheranno bene a calcio si sono trasferiti tutti in Cataluña e il Barcellona gode di questo fantastico miracolo terrestre oppure loro stanno lavorando bene e noi no. A voi la scelta. Andiamo avanti.
Se nelle Primavere le cose non funzionano come dovrebbero nella terza serie le cose vanno ancora peggio.
Partiamo dagli stranieri anche qui, spesso ma non sempre bidoni incredibili che guadagnano in un anno tutto quello che tu e la tua famiglia avete speso facendo sacrifici in 15 anni di attività calcistica.
Questo avviene ovviamente per interessi da parte di dirigenti, procuratori, ecc., che creano abilmente "torte" gigantesche da spartirsi per andare poi in vacanza, comprarsi il "macchinone" e vivere al di sopra delle loro chiaramente basse potenzialità.
Ancora altri interessi, quelli degli allenatori ad esempio che si portano dietro come un convoglio rimorchi di sponsor per poter allenare, o meglio, fare danni in una squadra professionistica con calciatori professionisti che si stanno facendo il culo per raggiungere un sogno e voi, ignoranti, vi prendete gioco di questo valore.
Parliamo adesso dei presidenti, o presunti tali, non tutti eh, specifico, ma alcuni sembrano messi lì come si mette la stella sulla punta dell'albero di Natale...non sai mai se serve o se no e talvolta neanche la noti. Semplice imprenditoria, se cosi si può definire, la loro. Per di più da quattro soldi, perché dopo aver giocato a fare i potenti le società falliscono. Chissà.
Mi va di concludere per non tediarvi oltre dicendo che se il calcio in Italia sta andando come va un motivo c'è: non c'è amore, non c'è passione, non ci sono sentimenti, ma solo sporchi interessi di gente altrettanto sporca che si prende gioco della vita altrui.
Questo a grandi linee è quello che succede in Italia e urge un cambiamento.
Spero che queste parole destino curiosità e voglia di rivoluzione nei giovani addetti ai lavori, dirigenti, allenatori e presidenti.
È il solo motivo per cui ho reso pubbliche queste parole.

Moreno Beretta

A breve ne sapremo di più.

Luca Iannone


9 settembre 2016

Serie A, la top 11 dei giocatori più pagati: monte ingaggi da 48 milioni

La squadra che ogni tifoso vorrebbe supportare per poter esultare ogni domenica, la squadra che ogni fantallenatore vorrebbe costruire per poter vincere il campionato di fantacalcio con gli amici, la squadra che ogni tecnico vorrebbe a disposizione per poter restarsene seduto in panchina a godersi le partite senza muovere un dito. Tale sarebbe la formazione composta dagli undici giocatori più pagati di questa Serie A.

Tra i pali, neanche a dirlo, Gianluigi Buffon con i suoi 4 milioni di euro netti percepiti a stagione. Davanti a lui ci sarebbe un quartetto difensivo composto da facce a lui note con, da destra a sinistra, il neo bianconero Dani Alves (3,5), il suo compagno di nazionale Daniele De Rossi (6,5) e gli azzurrobianconeri Leonardo Bonucci (3,5) e Giorgio Chiellini (3,5), nel ruolo di terzino sinistro che più volte ha ricoperto in passato. In mediana un trio tutto juventino con i nuovi arrivati Sami Khedira (4) e Miralem Pjanic (4,5) e il prossimo rientrante Claudio Marchisio (3,5). Insomma, il probabile centrocampo titolare della Juventus 2016/2017. Attacco pesante con tre punte di un certo calibro, ovvero Mauro Icardi (3,6), Edin Dzeko (4,5) e il Paperone del campionato Gonzalo Higuain (7,5).

Chi guiderebbe questo dream team? Risposta ovvia: Massimiliano Allegri, mister 5 milioni (meritatissimi) di ingaggio all'anno. E non farebbe nemmeno tanta fatica ad ambientarsi, dato che otto undicesimi della formazione sono calciatori della Juventus. Ma, per la fortuna dei presidenti italiani, questa squadra non esiste; fortuna perché per mantenere un undici titolare di questo livello bisognerebbe sborsare la bellezza di 48,6 milioni di euro. Una spesa totale che, senza contare gli stipendi delle eventuali riserve, si ritroverebbe al settimo posto della classifica dei monte ingaggi della Serie A, dietro alla Lazio e davanti alla Fiorentina.


Luca Iannone

7 settembre 2016

Fabio Mancini, Nerazzurro top model: ‘Inter, less social networks and more work. With Armani…’

I follow FC Internazionale since I was very young and I’ve loved these colours forever, since when my myth Luis Nazario Da Lima, Ronaldo played!”. From the catwalks of Milano, Londra, New York e Parigi to the catwalk of the Stadio Giuseppe Meazza, where Joao Mario greeted his new fans and FC Internazionale couldn’t get more than a draw against US Palermo. Guest of the Nerazzurri directors that invited him last Sunday, Fabio Mancini, internationally considered as one of the most successful Italian models and protagonist of some Armani campaigns, had the chance to watch his favourite team from the San Siro grandstand: “In this second match of the season, the first home match, I saw a team a little behind physically but it’s improving. Despite a loss and a draw in these two match days, I’m confident to the future games”, the model, born in Germany from an Indian-origin mother and an Italian father, says in an exclusive interview with Il Solito Calcio.

After Mancini makes clear (laughing) that he is not related to the namesake former Inter coach, he trusts that Frank de Boer can be the right man to lead the team: “The Dutch coach arrived in a moment when the squad was basically already been built for a new season with Mancini, so now he has a completely new team in his hands. I’m sure that he will be able to do well, he only needs time, but the medias and the supporters here don’t give it”. Regarding Roberto Mancini, his farewell is still recent and not a few controversies accompanied the event: “I think that we mustn’t forget what Mancini did in the last years! After years of light off, he brought Inter to the national success giving then the base of players who were present until the unforgettable 2010. I think that last year he led the team well, though he was often criticized because of his choices as usual, but at the end he gave again Europe to Inter and that was what mattered. The problem is that in Italy there’s a lot of pressure and we often don’t understand a thing: it’s not easy being the coach of a team like Inter and, unfortunately, we all are competent trainers on the stands and in front of the television, without giving anyone the material time to err and grow!”.

But what does Mancini expect from Inter in the Serie A and in the Europa League this year? “The only thing i think about is the fact that a team will be created - he answers -. I’m not interested in winning, i’m interested in the fact that the team become a real group...as it once was. The group matters a lot, i played football and i know how the unity of the players is important, also and especially out of the pitch! If only someone of them thought to publish less stupid things on the social networks and to train, as the one and only Javier Zanetti did, maybe we would be competitive since years”. And Mancini, that has got hundreds of thousands of followers on Facebook and on Instagram, knows a lot about this very topical issue: “Nowadays social networks are very important. Currently it’s the most fast and immediate mean of communication, by which it’s possible to send a message in the shortest possible time from one part of the world to another! I believe that social networks, along with Internet, are the discovery of twenty-first century and by now the most widespread communication route, but they should be used in the best way to self-promote and not to self-destroy, as a lot of people do. Like many professionals in my sector or in the sector of football, I often use them to externalize a thought, good or bad, and we have to accept even the criticism if it’s constructive”. Did he maybe want to send a messagge to a certain Inter’s captain?

Returning to talk about football, Mancini, as well as most of FC Inter fans, expects much from the new arrivals: “As i could see in this beginning of the season, I believe that Ever Banega brought again that quality that lacked in the middle of the field. I also believe that with the arrival of Joao Mario and Gabigol, the team will get up again immediately. Perisic is still my favourite Inter player along with Joao Miranda because they leave the soul on the field and they can decide the games”. But as a fashion and style expert, what will he think about the new Home shirt for this season? “I don’t like very much that yellow behind the shirts and the socks…i prefer the more classic blue and black with some tints of white, which is always stylish. For the rest it’s the usual shirt”. About the look, at present the Nerazzurro team wears Brooks Brothers, but as Inter fan Mancini could maybe try to mediate between the club and Giorgio Armani... It would be very interesting, it’s not impossible. We must not forget that Mister Armani is already the president of the Olimpia Milano since years and he is a great lover of sport, as indeed you could see even at the last Olympic games, and the only partner for the clothes of the Italian national team”. Who knows that a new Mancini could join FC Inter e above all who knows what the fans could think about it...

Luca Iannone

6 settembre 2016

La lente di Domeniconi su Genoa e Samp: 'Mercato miscio, la Superba non c’è più'

Una vita passata a scrivere tra il Corriere Mercantile, il Secolo XIX e la Gazzetta dello Sport, prima di approdare al Guerin Sportivo di Gianni Brera e poi di Italo Cucci come inviato speciale. Oggi Elio Domeniconi si gode meritatamente il nostro campionato da osservatore privilegiato, ma è sempre sul pezzo e di calcio ne ha masticato davvero parecchio. Chi meglio di un genovese doc come lui potrebbe scattare una fotografia realistica di quella che è e sarà la stagione di Genoa e Sampdoria? Così l’ho raggiunto e intervistato in esclusiva per IlSolito Calcio.

Innanzitutto che effetto le fa vedere Genoa e Sampdoria in testa alla classifica?
Non montiamoci la testa. Genoa e Sampdoria non sono squadre da scudetto. Anche se dopo la Juventus vedo solo mediocrità”.

Qual è allora il traguardo massimo a cui possono ambire quest'anno?
A mio parere Genoa e Sampdoria devono aspirare ad una salvezza tranquilla. Se poi ci scappa l'Europa ben venga”.

Sappiamo che il suo cuore è blucerchiato, ma se dovesse scommettere su una delle due...chi si ritroverà più in alto a fine campionato?
Io tifavo per la Sampdoria ai tempi della fusione tra Sampierdarenese e Andrea Doria, tutt’altra epoca. Penso che il Genoa possa finire prima della Sampdoria quest’anno. Sempre se Preziosi non indebolirà la squadra a gennaio…”.

A calciomercato ormai chiuso, che giudizio dà dell'operato sul mercato dei due club?
Per Genoa e Sampdoria è stato un calciomercato da ‘misci’, (miseri, poveri in genovese). Ma c'era da aspettarselo”.

Entrambe hanno cambiato allenatore quest'estate: meglio Giampaolo o Juric?
Sono due allenatori diversi. Giampaolo è più abile nell'insegnare calcio, Juric sa trasmettere ai giocatori la sua grinta. E' un allenatore da Genoa, Preziosi ha visto giusto. Ferrero invece si è liberato volentieri di Montella”.

E sul presidente della Sampdoria Massimo Ferrero si è fatto un'idea precisa in questi due anni?
Ferrero è un personaggio, diciamo pure una ‘macchietta’, simpatica. Nel Barnum del calcio italiano mancava un tipo così. Quando va in televisione fa salire gli ascolti”.

Il Genoa di Preziosi invece è il migliore della storia rossoblu, eppure i tifosi e l'opinione pubblica lo criticano spesso per la sua gestione...
I migliori risultati del Genoa del dopoguerra li ha ottenuti il mio amico Aldo Spinelli: quarto posto in campionato e semifinale in Europa. Enrico Preziosi è il recordman in Serie A. Ed è un grande intenditore. Ma il Genoa per lui è business e non certo passione sportiva...tifava Napoli, come del resto Ferrero tifava Roma”.

Anni fa mi aveva detto che per avere Genova nell’Olimpo del calcio italiano ci sarebbe stato bisogno di una sola squadra in città: è sempre dello stesso parere?
Genova non è più la Superba, è in declino in tutti i campi. Non è una città che può permettersi due squadre in Serie A. Ma finché dura...”.

Luca Iannone