Il presidente
del CONI Petrucci ha detto che il nostro calcio è arrivato “ad un
punto di non ritorno”...
“Sono
assolutamente d'accordo, anche se è una frase molto generale ed è
facile pronunciarla sull'onda di certi avvenimenti. Se l'Italia negli
anni '80-90 era un punto di riferimento, da quando sono nel mondo del
calcio, ovvero nell'ultimo decennio, c'è stata decadenza importante
che ha fatto sorpassare quella italiana da altre realtà europee. Il
ciò è dovuto alla mancanza di cultura della classe dirigente, di
meritocrazia e di equilibrio nel giudizio. Ci troviamo in una
situazione disarmante. Il calcio italiano sta perdendo competitività
soprattutto nella fase medio-bassa; basta guardare i risultati
ottenuti in Europa League: l'Italia è dietro a paesi come Belgio e
Olanda. Ad alti livelli, l'unico progetto degno di questo nome è
quello del Napoli, De Laurentiis ha capito come va organizzato un
club di calcio. Il Milan ha in Adriano Galliani una persona di grande
cultura che ha fatto grandissime cose, mentre il progetto Roma può
essere diverso a parole ma nei fatti...”.
Come si può
uscire da questo buio tunnel senza fine?
“Bisogna
partire dalla base. La politica del calcio deve attuare riforme
drastiche ma necessarie, strutturali. La prima cosa da fare è
eliminare la Lega Pro e creare una lega di sviluppo con squadre B dei
club di massima serie, senza promozioni e retrocessioni, dove possono
giocare calciatori che escono da settori giovanili e le riserve. La
seconda cosa deve partire dai presidenti: ogni singola società deve
capire che non è il passato di un elemento ma le competenze a
stabilire i meriti. Ci vuole cambio di mentalità, bisogna iniziare a
scegliere persone preparate e a puntare su di loro. Un appello ai
direttori sportivi: non devono legarsi ai procuratori, altrimenti il
ruolo di agente non ha più senso di esistere e vengono a cadere
tutti i presupposti meritocratici. Il grandissimo paradosso è che
l'uomo mercato più indipendente del calcio italiano è stato Luciano
Moggi. Da giovane addetto ai lavoratori Moggi mi era stato
demonizzato, ma dopo i fatti di Calciopoli l'ho rivalutato molto.
L'ex direttore generale della Juve ha commesso errori di onnipotenza,
ma la sua indipendenza intellettuale è quella a cui tutti dovrebbero
puntare”.
Qual è invece
la situazione del mercato italiano?
“Il
primo dato che balza all'occhio è la mancanza di liquidità dovuta
ad una congiuntura economica negativa. Ma quando non ci sono i soldi,
ci devono essere le idee. Vedo società incaponirsi sul mercato
sudamericano: super inflazionato e dove arrivano tutti. Inoltre il
potere d'acquisto delle società italiane è inferiore rispetto a
quello di club esteri con fatturati elevati dovuti ad una gestione
manageriale. C'è anche un discorso di appeal. Il calciatore
straniero, ormai, non vede più l'Italia come un campionato di prima
fascia, ma lo mette in fila dietro a Inghilterra, Spagna, Germania e
Italia. Così diventa più complicato imbastire operazioni
importanti. Poi a questo bisogna aggiungere altri due fattori:
l'incompetenza e il seguire le mode”.
Raccontaci
qualcosa della GGXX-USM Italy...
“Siamo
nati nel 2006 con una forte impronta di internazionalità per scelta.
Avevamo capito quale sarebbe stato il trend generale del mercato
italiano, adesso stiamo cominciando a raccogliere i frutti di questo
lavoro e filosofia. A nostro avviso, oltre alla competenza,
un'agenzia deve avere contatti, relazioni, un'apertura consolidata
verso l'estero perché il mercato è globale. Il calciatore italiano
di qualunque livello deve comunque avere un ventaglio di opportunità
di sviluppare la propria carriera in contesti diversi da quello
italiano. Ciò non significa che noi porteremo all'estero tutti i
nostri assistiti, però se prima si aveva un certo numero di società
con cui sviluppare proposte ora questo numero è aumentato”.
Cos'è il 'Live
Scouting'?
“Premetto
che, come agenzia, sviluppiamo un lavoro di management e di scouting.
Per quanto concerne lo scouting, abbiamo creato e testato negli anni
una metodologia completamente nuova e diversa, al servizio nostro e
dei club che vogliono beneficiarne. Una metodologia incrociata fra
valutazione tecnica del giocatore, dati statistici e parametri che
danno un quadro generale del valore e dell'adattabilità di un
giocatore. Incrociando questi elementi vengono fuori risultati
sensazionali. Oggi il valore tecnico di un calciatore è determinato
dal nome dalla squadra in cui milita, meramente dai gol che segna:
bisogna andare dentro a queste statistiche. Per esempio, se si valuta
molto bravo un attaccante perché fa venti gol in una stagione, ma
questi li ha segnati in 6-7 partite e in situazioni particolari,
allora i venti gol hanno un peso diverso. Al contrario, l'attaccante
che ha segnato sette gol tutti in partite decisive, allora il valore
delle reti aumenta. Si tratta di un metodo complesso, il concetto è
andare al di là dell'apparenza”.
Ad un giovane
italiano arrivano due offerte: una da un club di media fascia
italiana e l'altra da un club estero dello stesso livello. Quale
dovrebbe accettare secondo te?
“Non
ho dubbi: alla luce di quello che ho detto prima, la Premier League,
Bundesliga, Liga - in maniera inferiore - sono soluzioni preferibili.
Anzitutto per un fatto meramente economico, che ha comunque la sua
incidenza. Un ragazzo all'estero percepisce uno stipendio decuplicato
rispetto a quanto percepirebbe in Italia. Poi per un fatto di cultura
e di strutture, fantastiche nelle 'Academy' inglesi. Il tuo percorso
scolastico viene curato direttamente dai club, impari una lingua
nuova, ti sai destreggiare meglio: tutte situazioni favorevoli per il
prosieguo della tua carriera. Si deve essere prima uomini che
calciatori. Ma l'aspetto più importante è quello tecnico. In queste
realtà europee lanciano i giovani, mentre l'Italia è l'ultimo paese
come giovani lanciati in prima squadra. Sono dati sotto gli occhi di
tutti, un giovane ha più possibilità di esordire in contesti
diversi da quello italiano. L'esempio di Jacopo Sala è lampante:
dagli Allievi dell'Atalanta si è trasferito al Chelsea e ora milita
nell'Amburgo. Non dobbiamo più pensare ai paesi citati come estero
ma come Europa, sono realtà più sviluppate dall'Italia e i nostri
giovani devono fare queste esperienze. Noi lavoriamo anche per
questo: un nostro assistito ha un ventaglio di possibilità e una
visibilità molto più ampia. Per un giovane italiano costretto ad
andare in Lega Pro, sarebbe molto meglio una massima serie estera in
paesi come Svizzera, Grecia, Belgio o Portogallo. L'esempio di
Stefano Napoleoni è emblematico”.
Luca Iannone per OggiNotizie.it
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