13 aprile 2013

Massimo Neri: "Vi racconto come sta andando in Russia con Capello. Squadre straniere superiori alle italiane perché..."

Ho intervistato in esclusiva Massimo Neri, preparatore atletico dello staff tecnico di Fabio Capello. Con Neri, ex Roma, Juventus, Real Madrid, Inghilterra e Sampdoria, abbiamo voluto non solo approfondire gli aspetti legati strettamente all'esperienza con la nazionale russa, ma anche allargare il discorso a tematiche di più stretta attualità.

Misteri Neri, è da quasi un anno che avete intrapreso questa nuova avventura. Come siete stati accolti e che ambiente avete trovato?
«L'accoglienza è stata quella che trovi in un paese straniero, curioso di conoscere, di capire e di apprendere nuovi metodi e sistemi di lavoro; da questo punto di vista l'ambiente sportivo ha accolto favorevolmente Capello e quindi noi dello staff tecnico. La curiosità era reciproca. Da parte nostra c'era la volontà di provare a entrare nella mentalità e nella testa di giocatori e addetti ai lavori per velocizzare l'apprendimento reciproco, che porta poi all'ottenimento dei risultati. Devo dire che, man mano che approfondiamo la conoscenza sia calcistica sia caratteriale di calciatori e addetti ai lavori, le cose vanno sempre più migliorando».

Dall'Inghilterra alla Russia, come è cambiato il vostro e il suo modo di lavorare?
«Quando ti trovi a lavorare con una nazionale, non ci possono essere grandi cambiamenti. Si tratta di gestire giocatori che vengono dai rispettivi club e che si allenano quotidianamente con determinati staff. Il commissario tecnico sceglie i calciatori più forti e più in forma, ma a volte compie anche scelte sulla base del valore di un giocatore, anche se non è al massimo della condizione in un determinato momento della stagione. Da questo punto di vista noi dobbiamo sostanzialmente gestire giocatori allenati da altri, si tratta di un lavoro più minuzioso ma non può andare oltre un certo limite».

Ha inciso, nel suo modus operandi, la grande differenza a livello climatico?
«Al momento no perché abbiamo giocato le prime partite amichevoli ad agosto, poi le gare di qualificazione a settembre e ad ottobre quando la stagione era ancora accettabilissima. Poi abbiamo disputato una nuova amichevole a novembre, ma il freddo intenso non era arrivato. Da quel momento il campionato in Russia viene sospeso e le attività riprendono a metà gennaio. L'amichevole successiva l'abbiamo giocata in Spagna a febbraio con l'Islanda e l'ultima lo scorso 25 marzo a Londra con il Brasile. A giugno andremo in Portogallo per un'altra partita valida per le qualificazioni al Mondiale. Il tanto temuto inverno russo lo abbiamo quindi evitato e non c'è stato alcun problema sotto questo punto di vista, il clima non ha inciso sugli impegni della nazionale. L'unico match rinviato per neve è stato quello in Irlanda del Nord, un paradosso».

Passando all'attualità, le squadre spagnole e tedesche stanno dominando il calcio europeo: crede che siano superiori alle altre anche sotto il profilo della preparazione atletica?
«Per rispondere a questa domanda ci sarebbe da fare un discorso ampio e bisognerebbe scendere nei particolari. Se si prende come esempio il Barcellona, di cui tutti parlano e che rappresenta un esempio di calcio straordinario e spettacolare, c'è da dire che ha una cultura e una scuola che fanno sì che, a partire dalla cantera e dai primi calci al pallone per arrivare fino alla prima squadra, i giocatori praticano lo stesso tipo di gioco. Privilegiano l'aspetto tecnico senza trascurare l'aspetto fisico, che però diventa secondario in una squadra di grandi atleti, sia che provengano dalla cantera sia che arrivino da altri club. Lo stesso Bayern Monaco ha un filosofia del lavoro che lo contraddistingue e, nell'arco degli anni, è riuscito a vincere tanto in Europa. Le squadre spagnole e tedesche stanno dominando il calcio europeo perché fanno della grande qualità tecnica, della scelta dei giocatori, della programmazione e della tipologia di lavoro il loro marchio di fabbrica».

E l'Italia?
«Più in generale, rispetto al calcio italiano, c'è un gap non indifferente, ma ritengo che sia prevalentemente un gap dal punto di vista tecnico. Continuo a sostenere che il calcio è uno sport di abilità mentre l'aspetto fisico e quello atletico vengono dopo, questa è la mia idea. Quando si gioca alla pari dal punto di vista fisico, prevale sempre l'aspetto tecnico. Parlando in maniera specifica, le squadre straniere hanno un altro ritmo rispetto alle nostre».

Intanto la stagione sta per volgere al termine. Cosa si può fare per recuperare le ultime energie e dare il massimo da qui alla fine?
«In questo momento recuperare energie diventa molto difficile perché non c'è più tempo. Nel momento in cui le energie scarseggiano, è preferibile gestire lo stress dal punto di vista mentale e cercare di lavorare sotto questo aspetto. Si potrebbe provare ad aumentare la capacità di reazione e di sprint senza fare grossi lavori aerobici, dato che produrrebbero effetti soltanto a fine campionato».

Esiste un segreto per dare il meglio in quest'ultimo mese?
«Non esiste un segreto, in quest'ultima parte della stagione subentrano le motivazioni e la disponibilità dei giocatori a sacrificarsi così come la capacità di un allenatore a mantenere saldo e unito il gruppo. Chi ha creato buoni presupposti per arrivare fino alla fine ci arriva meglio degli altri, la base pre-campionato è fondamentale; se uno ha lavorato male e cerca di recuperare adesso mancano le fondamenta. Questo potrebbe essere un piccolo segreto, ma più che un segreto dovrebbe essere un presupposto fondamentale».

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