E' cresciuto nel settore giovanile della Lazio, ha esordito in Serie A proprio contro la Sampdoria
(il 21 aprile 1996) e giocato per due stagioni tra le fila dei
biancocelesti, riuscendo a collezionare appena tre presenze. Il
calciatore in questione è Daniele Franceschini, che, a
distanza di nove anni dal suo addio alla capitale, è approdato a Genova,
rimanendovi per quattro stagioni e difendendo i colori blucerchiati in
circa cento occasioni. In vista della sfida di sabato tra la Samp e la
compagine capitolina, ho raggiunto in esclusiva l'ex centrocampista.
Daniele, ti aspettavi l'esonero di Ciro Ferrara?
«Sinceramente no, per il semplice
fatto che nel momento più difficile, quello delle sette sconfitte
consecutive, società aveva fatto quadrato intorno al proprio tecnico
ribadendogli la fiducia. Pensavo quindi che Ferrara avesse superato
l'ostacolo più difficile e che il momento più duro fosse alle spalle,
soprattutto con il derby vinto. Evidentemente è successo qualcosa,
magari in qualche colloquio tra l'allenatore e la società, che è stata
spinta a fare una scelta di questo tipo e a dare una svolta importante
alla stagione. Mi dispiace per Ferrara che era partito benissimo;
l'inizio di stagione è stato fantastico, al di là delle aspettative, poi
c'è stato quel calo incredibile. La società, comunque, avrà fatto le
sue valutazioni, forse la squadra non rispondeva più alle esigenze di
Ferrara».
In panchina è arrivato Delio Rossi, che hai avuto come tecnico a Lecce nel 2004...
«Credo che la Sampdoria non potesse
fare scelta migliore. Ho avuto la fortuna di essere allenato da lui, con
il quale disputammo un campionato strepitoso. E' uno degli allenatori
più preparati in assoluto, riesce a dare la sua identità di gioco alla
squadra e si sa adattare, anche se arriva in corsa. Le sue squadre hanno
sempre espresso un buon calcio e stanno benissimo a livello fisico. Poi
il suo curriculum parla da sé, a parte la parentesi negativa a Firenze.
Ha le carte in regola, è l'uomo giusto al posto giusto».
Domani al Ferraris arriva la Lazio, reduce dai sei risultati utili consecutivi in campionato.
«Per la Samp è un avversario
veramente duro. Al di là dell'aspetto tecnico-tattico, la Lazio ha
qualcosa in più rispetto alle altre squadre: lo spirito di gruppo e la
voglia di sacrificarsi, fattori che fanno la differenza nel calcio di
oggi. I biancocelesti, soffrendo, riescono spesso a spuntarla e questo
non avviene certamente per caso. La Sampdoria dovrà tenere alta la
concentrazione e non concedere nulla negli ultimi metri».
Come si può arginare un bomber come Klose, pericolo numero uno per la retroguardia?
«Se commetti anche solo un piccolo
errore in difesa, lui ti castiga. La ricetta per contrastarlo non c'è.
Anche contro l'Inter, nonostante i difensori fossero piazzati bene, ha
fatto due o tre inserimenti davvero poderosi. Oltre alla forza, ha anche
la cattiveria giusta e riesce a rubare il tempo ai difensori avversari.
Per provare ad arginarlo non bisogna commettere stupidi errori di
posizione. Klose è il giocatore che fa fare il salto di qualità alla sua
squadra».
Contro i biancocelesti tornerà capitan Gastaldello, out per squalifica a Catania.
«Il suo è un ritorno importante anche
per un discorso psicologico perché dà tranquillità a tutto il reparto.
Quando giochi contro campioni come Klose non puoi pensare di giocare
individualmente, ma la difesa deve rimanere molto stretta e
disimpegnarsi in continue coperture, con i centrocampisti che vanno a
raddoppiare. Da questo punto di vista, l'esperienza di uno come
Gastaldello ha un ruolo molto importante. Forse, in questo periodo, la
Samp ha pagato la presenza di tanti giovani che logicamente su quel
piano pagano dazio. Ecco il perché di alti e bassi».
Infine, da ex mediano, un tuo giudizio sui centrocampisti blucerchiati?
«Ho avuto modo di veder crescere
Soriano e Obiang, sono giocatori di prospettiva e di qualità. Il primo è
molto più tecnico, mentre il secondo è più fisico ma è un punto di
riferimento importante per la squadra. Maresca ha fatto abbastanza bene
fino a questo momento, ma potrebbe fare molto di più; ho avuto la
fortuna di incontrarlo ad inizio carriera e so che può fare la
differenza. Tissone, invece, sta facendo molto bene. Il centrocampo,
come reparto, non è un problema e, tutto sommato, ha fatto quello che
doveva. Piuttosto, è mancato forse qualcosa in zona gol, complici anche
gli infortuni di Eder e Maxi Lopez».
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